Sono un cronista nato e cresciuto in un quotidiano di provincia, La Prealpina. In verità sono nato nella casa di mia mamma, tra il mare e la campagna di Messina, e cresciuto, in quella di mio padre, sulle rive del lago Ceresio: destino di una famiglia di migranti. Laureato in giurisprudenza, dovevo fare l’avvocato. Al quarto ricorso per decreto ingiuntivo buttato giù da praticante di uno studio legale, capii che raccontare processi mi piaceva più che patrocinarli. Rinunciai alla toga, ma presi l’abilitazione a indossarla superando l’esame di procuratore. Papà Giacomo se l’ebbe a male apprendendo che avrei fatto il giornalista: “Ma come: e i nostri sacrifici per farti studiare?” Mi perdonò quando uscì il mio primo libro di respiro nazionale: Mister Ignis, la biografia di Giovanni Borghi, l’operaio che fondò l’impero dei frigoriferi. Lui, doganiere, lo aveva conosciuto meglio di me che lo intervistavo allo stadio e al palazzetto dello sport perché finanziava squadre di calcio e pallacanestro. Non c’era più, mio padre, quando dal volume edito da Mondadori fu tratta una fiction trasmessa dai Rai Uno.
Il mestiere di scriba mi ha distolto dalla passione per la chitarra: avrei voluto suonarla in una band. L’ho sostituita con la bicicletta da corsa. Non ho mai gareggiato per difetto di fisico, in compenso sulle due ruote ho girato l’Italia da cicloamatore. E già che c’ero ho raccontato il mio Paese visto da una sella nelle pagine di un altro libro: Dimmi perché parti. Per coltivare lo spirito, faccio il volontario in due Onlus ospedaliere e in una Mensa dei poveri. Per darmi un tono, spolvero di tanto in tanto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica appesa dietro la mia scrivania. E’ firmata Giorgio Napolitano.