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La messa straniera

  • Gianni Spartà
  • 30/10/2019
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Chiesa di San Martino aVarese, ultima domenica d’ottobre. Il rito greco-cattolico comincia colcelebrante in prima fila tra i fedeli davanti a una tinozza d’acqua benedetta:ciascuno ne porterà a casa il necessario per una settimana con la grazia diDio. Un turibolo tintinnante di campanelli manda incenso verso le icone di Cristo e diMaria, coriste in abiti tradizionali, camicie bianche ricamate ai polsi, salmodianoe più volte citano la terra natia: Ucraina. Siamo capitati, percaso, in una messa “straniera” alla quale partecipano, regolarmente ogni domenica,un’ottantina di donne tra i 50 e i 60 anni, simili nei tratti somatici, accomunatedalla professione: sono tutte badanti, hanno lasciato in patria i loro figli eassistono le nostre mamme. Pelle chiara, accettabile conoscenza della linguaitaliana, tipico atteggiamento fiero della gente dell’Est, destino segnato:Putin gioca a Risiko sugli spezzoni dell’ex impero sovietico, aumentano povertàe disuguaglianze. Meglio andarsene all’Ovest sulle tracce di chi si èallontanato prima. Allora il fenomeno dell’assistenza esterna ai nostri nonni erauna nicchia, ora è esploso diventando di massa. Si vive di più, la famiglia distile patriarcale è estinta, certi mestieri gl’italiani non li vogliono fare,la soluzione è accogliere di buon grado angeliche patronesse che, se tutto vabene, entrano nell’intimità di una famiglia. E passano a un’altra quando perdonoil lavoro per cause naturali: la scomparsa del badato. Guardate i citofoni deinostri palazzi: il doppio cognome sulle targhette , uno nostrano, l’altrodell’Est europeo, ma anche di Asia e Sudamerica, è un cliché. Sorpresa negliultimi banchi della chiesa di San Martino: ci sono bambini, carrozzine e giovanimamme. Significa che c’è stato il passaparola intergenerazionale: le figliehanno raggiunto le madri non per fare necessariamente lo stesso mestiere,comunque per lavorare a stipendi tripli-quadrupli rispetto ai loro. Due strade:fermarsi per sempre qui, dove sono nati i figli, tornare a casa dopo anni colgruzzolo. Per capirel’immigrazione lontano dai megafoni della propaganda è utile consultare lareligione. Innanzitutto per smentire il percepito. Non c’è (ancora) nessuna invasionemusulmana. Quasi tre milioni di immigrati, 53% del totale, sono cristiani:cattolici, ortodossi nelle varie declinazioni, evangelici, protestanti.Dominano rumeni e russi. Fin qui più che il Sultano ha potuto lo Zar. Ma al primato delcristiano straniero, corrisponde la ritirata del cristiano italiano. Ormai soloun quarto della popolazione si reca in un luogo di culto almeno una volta lasettimana. Le statistiche dell’Istat fotografano disaffezione anche nellapratica saltuaria. E questa disaffezione si accentua tra le giovani. Sì, ledonne, vero pilastro della regolare frequentazione di chiese, sono alla testa delcambiamento. Siamo nel Paese dove risiede il Papa: che cosa possiamo aspettarsi,ad esempio, nella Francia laicista? L’assiduità dell’andare a messa la domenicae nelle feste comandate varia a seconda dei territori. Non sorprende che idevoti siano più numerosi al Sud che al Nord. Sorprende lo svuotamento delleparrocchie nella regione più bianca d’Italia: il Veneto. Attorno alla laguna enelle operose lande del Nordest, culla di benessere economico, la praticareligiosa regolare ha perso dal 2001 a oggi il 45 per cento dei fedeli. Ora, l’import dicristiani stranieri potrebbe essere interpretata dagli ottimisti comecompensazione. Lo è senz’altro per quel che riguarda i sacerdoti. Ogni comunitàforestiera ha il cappellano o padre spirituale. Vale per russi, ucraini,filippini, peruviani. E questi religiosi spesso e volentieri tappano i buchilasciati nelle nostre diocesi da preti scomparsi e le falle dell’inesorabilecalo delle vocazioni. Far sposare i sacerdoti, secondo l’ultimo orientamentodei vescovi, può salvare pecorelle e pastori, smarrite le prime, decimati i secondi? Mah. Intanto l’immigrazione aggiungee non sottrae anche in chiesa e nei confessionali. Amen.

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