Sua Sanità
- Gianni Spartà
- 24/12/2024
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La morte di Carlo Lucchina
Intervista a Sua Sanità. La copertina di Lombardia Oggi è qui a fianco e sono certo che Carlo Lucchina se la rileggerà spesso lassù dove si trova dalle prime ore della vigilia di Natale 2024. E’ un bel ricordo anche per me. Eravamo in pizzeria lui mi raccontò la sua carriera di pubblico impiegato poi dirigente. Dall’amministrazione provinciale di Varese da ragioniere capo, all’ospedale di Circolo da direttore generale. Poi lo stesso ruolo moltiplicato per mille onori e mille rogne alla Regione Lombardia, regnante Formigoni. Una sedia scomoda, pericolosa. Troppo facile scivolare su una buccia di banana abbandonata sulle scale da altri. Caro Carlo, la tua ultima comparsata pubblica risale al 25 ottobre scorso al convitto De Filippi di Varese dov’era ospite il professor Stefano Zamagni, economista cattolico, intellettuale convinto, a proposito di sanità, che le regole non possono venire prima delle persone. Convinto anche di altro: i medici non scappano dagli ospedali per soldi ma perché si sentono prigionieri delle scartoffie, dei burocrati, a volte ottusi, e di tutto quanto li separa dalla loro missione: curare bene i pazienti. Il prof era stato invitato dalla Fondazione Circolo della Bontà, che presiedo, ente del terzo settore “gemmato” da Varese per l’Oncologia la cui guida lasciai a te quattro anni fa, sicuro di metterla al sicuro. Quando fondammo questa piccola onlus nel 204 tu eri dg all’ospedale di Circolo e venni a presentartela a Villa Tamagno. Bene, quando Zamagni finì di parlare mi lanciasti un’occhiata, volevi intervenire e capii subito che cosa avresti detto. Più o meno questo: “Vede professore, lei ha perfettamente ragione. Meno regole, meno lacci, meno medici soffocati dai protocolli. Ma a me, per aver messo la firma di dg della sanità lombarda sotto un documento riguardante il caso Englaro, la Corte dei conti mia ha appioppato una condanna: devo pagare un indennizzo a titolo personale”. Zamagni, a fine conferenza, mi chiese che cosa fosse accaduto a Lucchina. Lo volle conoscere, gli strinse la mano. Te la stringo anch’io Carlo per i cinquant’anni di amicizia e di reciproca stima. Addio!