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Depiliamoci

  • Gianni Spartà
  • 02/02/2020
  • 0

L’oro dei volontari

L’immagine simbolo dell’omaggio a Giuseppe Zamberletti davanti alla sua casa natale il 25 gennaio scorso è costituita dalla cascata di giubbe gialle che invadeva la scalinata, partendo dalla balconata sopra la statua del Mosè e arrivando fin sotto l’antico albergo Camponovo al Sacro Monte. Dove, come sapete, è stata scoperta una targa che ricorderà l’ex ministro ai posteri. In quelle giubbe gialle c’era la quintessenza della Protezione civile: persone provenienti da diverse luoghi che in caso di calamità sanno che cosa fare, come raggiungere l’epicentro di un terremoto o il punto critico di un’esondazione,  secondo un codice di insegnamenti metabolizzato da ciascuno. Gente non pagata, volontariato puro che Zorro (nome di battaglia di Zamberletti) ha trasformato in servizio pubblico.  Al volontariato ha dedicato un elogio l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, visitando il palazzo della Regione nei giorni scorsi: lo ha definito la migliore espressione dell’umanesimo lombardo. Già, l’umanesimo che si configura nella capacità di vivere insieme, di lavorare insieme, di pregare insieme (per i credenti) di coltivare insieme pensieri e competenze, insomma di trasformare la solidarietà da una parola buonista a un’opera buona . Il volontariato nel linguaggio della burocrazia si chiama Terzo settore e ha i seguenti numeri: cinque milioni e mezzo di addetti censiti dall’Istat (un italiano su sei, dai venti ai sessantacinque anni), 343.432 organizzazioni senza fini di lucro, 812.706 dipendenti. Un figurone per un Paese come il nostro spesso imbarazzo per le tante cose che non vanno. Un mondo di donne e di uomini, ragazzi e ragazze che tutti i santi giorni, anche nelle feste comandate, tappano i buchi lasciati ovunque da una pubblica amministrazione che non sa arrivare a tutto, in certi casi non può, da sola, senza l’aiuto del privato. Prima di Natale in una convention dell’Azienda dei Sette laghi di Varese, sette come gli ospedali che governa, si è provato a contabilizzare il contributo che essa riceve dal volontariato.  Bene, sono una sessantina gli enti mobilitati. Presidiano una gioielleria di risorse umane ed economiche che produce una ricchezza invisibile: Stefano Zamagni la definisce Economia civile, cosa diversa dall’Economia politica insegnata negli atenei. Le persone coinvolte, secondo una stima del Comitato consultivo Misto, ammontano a 1.717 calcolando anche associazioni che hanno rappresentanza nazionale. Le ore di lavoro donate da ciascuno, calcolandone tre per settimana, ammontano in un anno a 275.550. Remunerando con dieci euro ciascuna ora, si arriva a un tesoretto di 2.575.500 euro. E ci riferiamo solo alle prestazioni d’opera, non alla donazione di beni materiali. Ma questi conteggi si potrebbero fare in tutti i luoghi nei quali il bene comune, nemico del chiasso, fa sentire il suo peso: le mense, gli empori, i dormitori dei poveri, i punti di riferimento per fragili.  disabili e loro congiunti. Un bilancio sociale, presentato ogni anno come fanno le banche, ci consentirebbe di “depilarci”. Cioè di non affannarci soltanto per le variazioni del Pil.   

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