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Beneficenza più IVA

  • Gianni Spartà
  • 25/03/2020
  • 0

Lo Stato canaglia

Parto da un titolo di giornale: “Il cuore dei lombardi è forte e generoso”.  Esso fotografa plasticamente l’Italia migliore:  l’esercito del no profit che fa il suo dovere e cresce, la carità, la giustizia e la passione che vincono l’indifferenza (Mattarella), la cittadinanza attiva che fa parte della nostra storia e che dobbiamo educarci a ritrovare. In poche parole, quella economia civile che si spera faccia  parte del Dna collettivo. La storia di queste virtù nazionali affonda le sue radici nei primi del Novecento quando donazioni di mecenati agevolarono la nascita di ospedali, case di riposo, villaggi per l’infanzia abbandonata, orfanatrofi e istituti per invalidi e disabili, mense dei poveri. Mi chiedo se quei benemeriti avrebbero fatto lo stesso oggi sapendo che un quarto dei proventi sarebbe finito allo Stato sotto forma di tasse. Io penso di no. E lo penso nel silenzio di un coprifuoco dal quale si levano le voci di un popolo che dona fondi alla patria per uccidere il drago Covid. Senonché, su questi tesori della responsabilità sociale l’Erario allunga le sue mani rapaci. Sì, lo Stato tassa la beneficenza, tratta il volontariato come una gioielleria di lusso, anche nei momenti della tragedia. I decreti emergenziali di queste ore hanno pensato a (quasi) tutto tranne che a esentare dall’odiosa IVA gli acquisti di impianti e materiali salvavita da consegnare con urgenza ai nostri ospedali. Una organizzazione no profit firma una commessa netta da 200mila euro e le viene inflitto un ricarico di 44.000 euro per il cosiddetto valore aggiunto. Ma aggiunto a che cosa? A beni acquistati per essere donati? Alla beneficenza delle popolazioni? Mi chiedo anche dove sta la voce dei territori, incarnata da parlamentari e altri eletti che in questi giorni dovrebbero stare con le orecchie dritte . Il solo pensiero che questi denari depredati al bene comune finiscano  nel plurifallito carrozzone Alitalia mi riempie di ira funesta. 

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