La falsa foto di Varese
- Gianni Spartà
- 18/11/2020
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Deserto ben attrezzato
C’è qualcosa nell’aria di Varese che invita gli impresentabili a nascondersi tra noi avendo la certezza di stare al sicuro. Sarà per quello raccontava Piero Chiara descrivendo il carattere riservato dei suoi concittadini: se Einstein fosse venuto ad abitare da queste parti, nessuno l’avrebbe riconosciuto e salutato. E se per una distrazione l’avesse fatto, si sarebbe guardato dal dirlo in giro. L’ultimo rifugiato è un ceceno di nome Turko Arsimekov, 35 anni, arrestato giorni fa nella città giardino dalla polizia che lo sospetta di legami con l’autore austriaco-macedone della strage jihadista del 2 novembre a Vienna (foto) . Gli avrebbe fornito documenti falsi fabbricati probabilmente nella tana di Varese. Dove si era sistemato dopo un soggiorno a Verbania. Troppi rischi sulla sponda grassa, meglio trasferirsi nel capoluogo di un lago minore: usciva di casa solo per andare alla posta, nelle agenzie di spedizione, nei centri che inviano denaro all’estero. Si tratta di un richiedente asilo senza precedenti: non poteva immaginare di finire nella trappola della legge in “un deserto ben attrezzato” (Indro Montanelli). Ma che dire di Henry Arsan, siriano d’Aleppo, ancora più sicuro perché al massimo accompagnava il nipotino a scuola e portava il cane a far pipì ogni mattina. Nel salotto aveva una telescrivente con la quale spostava partite ingenti di eroina e cocaina dal Medio Oriente agli Stati Uniti in cambio di forniture di armi, anche carri armati Leopard, che in senso contrario procedevano sulla stessa strada. E sapete dove abitava il personaggio, morto nel carcere di San Vittore portandosi nella tomba i sui segreti? Abitava in via Tonale, nome e cognome sulla guida telefonica nei primi anni ’80, sposato con una signora di qui. Venne ad arrestarlo da Trento il giudice Carlo Palermo. Quel giudice che, trasferito Trapani, si salvò da un attentato della mafia. Al suo posto morirono una mamma con i suoi due bambini. La saga varesina dei nascosti e felici culmina con un nome italiano: Gaetano Corallo, re della cosca dei tavoli verdi, dicono i numerosi capi d’accusa. Lo scovarono gli uomini della Guardia di Finanza, mandati a Varese da Milano la notte di San Martino del 1983 (gli arresti furono una quarantina: imprenditori, avvocati, semplici prestanome residenti qui). Stava in un ufficio di via Cesare Battisti a Varese, la stessa via in cui risiedeva l’allora ministro Giuseppe Zamberletti. E’ probabile che l’auto della Digos in sosta nei paraggi sorvegliasse inconsapevolmente sia l’onorevole, sia il boss. Eccola la falsa la fotografia di Varese, provincia tranquilla, quasi svizzera, dove non accade mai nulla. Non era vero, ma stava bene. Non era vero perché si accertò, col senno di poi, che nel 1955 la ‘ndrangheta aveva aperto alle nostre latitudini, in una casa di ringhiera a Buguggiate, la sua prima ambasciata al Nord. Non era vero perché, sempre a scoppio ritardato, si capì che i rapimenti di Cristina Mazzotti, Emanuele Riboli, Tullio De Micheli non erano frutti di improvvisati raid di bande locali, ma di organizzatissime operazioni decise nella Locride. Falsa fotografia, si diceva, senza dar colpe a nessuno. In realtà non solo un buon nascondiglio Varese, ma anche il laboratorio di imprevedibili esperimenti sociali e spirituali. La Lega è nata qui, qui ha uno suoi fortini più antichi Comunione e Liberazione. E sia Umberto Bossi, sia don Giussani hanno già un posto nei libri di storia contemporanea. Ora, che sul territorio vagassero molecole capaci di favorire l’iniziativa industriale e commerciale è noto da tempo. Quante cose progettate e fabbricate qui, dal bicchierino dello yogurt agli elicotteri. Ma che le stesse molecole un giorno avrebbero dato ossigeno a costruttori di pensiero politico era l’ultima cosa che si potesse immaginare. Invece per un ventennio le strade della provincia sono state attraversate da auto con lampeggiante e sirena sulle quali viaggiavano ministri, sottosegretari, governatori, leader di partito. Anche loro, se ci pensate, diversamente insospettabili.