Blog



Varese sbancata

  • Gianni Spartà
  • 27/11/2020
  • 0

BpEr si mangia Ubi

La pedemontana delle banche a breve non esisterà più. Sull’asse Brescia-Bergamo-Varese-Como irrompe sua maestà Intesa-San Paolo a bordo di un Tir targato Mi-To, Milano Torino. E fin qui è la storia del pesce grande che si manga il pesce più piccolo. Ma non era scontato che, come nel gioco degli scacchi, la figura dominante, il re, affidasse a un suo ramo d’azienda il compito di detronizzare dai propri territori il nuovo suddito. Tra non molto sul frontone di 216 filiali sparirà il monosillabo Ubi, sinonimo di operosità bergamasca, e lo sostituirà un altro, Bper, che significa Banca popolare dell’Emilia Romagna, società per azioni quotata in Borsa, quartier generale a Moderna, anno di nascita 1867, presidente Pietro Ferrari, il figlio del Drake. Questo comporta una bella sterzata sulla carta geografica della finanza lombarda. Anche Ca’ e Sass, ex Cariplo oggi Banca Intesa, ha infatti ceduto del suo: 31 agenzie e due punti operativi tra Pavia e il Lodigiano. Morale: addio monti sorgenti e dolci acque di manzoniana memoria, il Po invade il Parco del Ticino, il grande fiume s’insinua tra le rive dei nostri laghi e le riflessioni, al di là delle metafore, sono di molteplice natura. Economiche, innanzitutto: il capitale delle cooperative, rosse in buona parte, eserciterà signoria sui forzieri della migliore borghesia milanese, varesina e bergamasca; l’agro-alimentare emiliano mostrerà i muscoli a distretti tradizionalmente legati all’industria meccanica e metallurgica. Politiche, in secondo luogo: nella regione che più ha tenuto a battesimo la Seconda repubblica, per mano della Lega a braccetto con Forza Italia, il potere dei soldi si trasferisce negli stati maggiori degli eredi del Pci. Storiche e sociali, infine, per ciò che riguarda le nostre contrade: Varese si ritrova “sbancata” due volte, in ogni caso coinvolta in operazioni che si sono materializzate sulla sua  testa, senza diritto di voto. O con uno talmente piccolo da non spostare granché. Il primo esproprio, ricorderete, risale a una trentina d’anni fa quando scivolarono a terra le bandiere del Credito Varesino e della Popolare di Luino e Varese e sul pennone salì il vessillo della Popolare di Bergamo poi Ubi Banca. Fu breve l’interregno della Commercio e Industria alla “Luino”. In quel tempo si chiuse altresì la pagina local della Banca industriale gallaratese finita sotto il controllo della “Lodi”. C’est la vie, prendila come viene: denaro chiama denaro, le regie di comando cambiano sede, le poltrone si spostano e fu avvilente per anni il quotidiano pendolarismo in torpedone di dirigenti e quadri che improvvisamente non dirigevano più nulla. Le storie secolari di istituti di credito estromesse dal circuito finanziario e affidate a biografi e studiosi per scrivere qualche libro. Ci si potrebbe chiedere, da ingenui, perché non capita mai che sia Varese a mangiarsi qualcosa. Sempre invasi e mai invasori da queste parti? Beh, è ampiamente condivisa, al di là della propaganda corporativa, la seguente impressione: abbiamo il patrimonio naturale e paesaggistico più ricco d’Europa, non più la forza di contare oltre i ristretti confini della Svizzera da una parte, della barriera di Gallarate d’altra. La spiegazione è nei numeri della Banca d’Italia: a queste latitudini la somma dei conti correnti di individui e aziende eguaglia il Pil provinciale, 23 miliardi di euro, uno in più rispetto al 2019. Pancia piena, al netto di crescenti disuguaglianze e tassi di povertà, scarsi stimoli. Non è una colpa, sia chiaro: è il frutto di avventure imprenditori antiche, di intuizioni sperimentate prima degli altri, di uno sviluppo economico che, arrivato all’apice, ha cominciato una dignitosa discesa. E la finanza insegue le salite. Che cosa cambierà nella transizione da Ubi e Bper, dalle traversine della Pedemontana ai binari dell’Autostrada del Sole? Nulla per il risparmiatore da tempo rassegnato a vedere il direttore di filiale, che era arbitro unico della concessione di prestiti, come un grigio gestore di muri . Se c’è un guasto, l’idraulico lo chiama lui. Lo diciamo con tutta la simpatia per bravi funzionari consapevoli di rappresentare volontà che maturano in altri territori. A proposito di immobili: li compreranno i nuovi padroni e il quartier generale di Bper a Varese potrebbe essere la ex sede della Luino in piazza Battistero, secondo indiscrezioni. Ma il vero problema sono i dipendenti: 5.017 cambieranno casacca nel travaso di filiali Ubi da Intesa a Bper. Tutti conserveranno il posto?  

Aggiungi Commento

Nome
Email
Testo Commento (evidenzia per modificare)

(0) Commenti