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L’Italia pezzata

  • Gianni Spartà
  • 18/12/2020
  • 0

Sciambola a Milano, rigore a Firenze

Perché la Lombardia con Milano capitale dello shopping è tornata gialla e la Toscana con Firenze, Pisa, Siena, cenacoli dell’arte, è rimasta arancione? E’ una bella domanda alla quale si potrebbe rispondere con un’altra: perché abbiamo chiuso subito le scuole, i cinema, i teatri e solo in seguito negozi, bar, in parte i centri commerciali, ora riaperti quasi ovunque  perché Natale quando arriva arriva? L’Italia pezzata, anziché avvolta da Bolzano a Lampedusa nel suo tricolore uguale per tutti, ci sta coprendo di ridicolo. La Merkel serra tutto e riscuote l’applauso, anche il nostro. Macron ripristina il coprifuoco. Perfino la Svizzera, dove fino a un mese era lecito circolare senza mascherina, corre ai ripari e  tra il denaro e la pelle sceglie la pelle. Noi si cincischia, si gioca d’azzardo, si sventola bandiera gialla. E lamentarsi del leone che torna a sbranare carne stagionata e fresca dopo avergli aperto la gabbia, è spettacolo di cinismo e ipocrisia che gli italiani non meritano. Quegli italiani che senza essersi laureati ad Harvard capiscono come in un Paese con gli ospedali pieni e le agenzie di pompe funebri affollate è perfettamente inutile guadagnare a fine anno due punti di prodotto interno lordo. C’è il rischio di non goderne. Ed è certezza che il consenso non cresce con la linea ondivaga e la politica arrendevole di fronte alle pressioni delle lobby economiche. E’ il loro mestiere premere. La virtù del leader sta nel resistere. Che è diverso dall’ignorare le richieste d’aiuto delle categorie in stallo. L’importante è avere i mezzi di controllo per distinguere tra lacrime e lagne.  Dice un medico che si è appena tolto la bardatura uscendo da una Terapia intensiva qui dalle nostre parti: “Se avessimo tenuto duro avremmo avuto la speranza di non vedere la terza ondata. Invece ce la beccheremo in fronte”. Altro che discutere se possono essere sei o otto i commensali al cenone domestico. Altro che guidare a fari spenti nella notte per vedere se  poi è tanto difficile morire. Stiamo già vedendo che non era il momento di avere fretta. Il conducente senza senno a Roma, a Milano, a Torino, ci porterà a sbattere. Eccolo il Natale che verrà. Ad addobbarci l’albero stanno provvedendo il governo dell’incertezza, i governatori un giorno sì e l’altro no, la maggioranza divisa, l’opposizione nella quale il più savio, con i suoi processi e i suoi interessi, appare ancora Berlusconi. Che cosa dice la quantità inestimabile di task force assisa al tavolo dei decisori? Boh. Devono esserci due livelli: la televisione e il palazzo. In tv rigore assoluto, nel chiuso dei dicasteri centrali e degli assessorati regionali cedimento al lassismo. Il risultato è che la Merkel parlando alla nazione usa toni tragici e qui va in onda il melodramma. In qualche caso la sceneggiata napoletana. Sempre colpa solo del re, tutti santi i suoi sudditi? A giudicare da quello che abbiamo visto domenica dove l’arancione è diventato giallo c’è un brutto pareggio nella gara a essere irresponsabili. Certe marce oceaniche non si giustificano quando s’annuncia che la pandemia in Italia farà settecentomila morti come nel penultimo anno della seconda guerra mondiale. I giovani, soprattutto, sembrano aver metabolizzato a loro modo la pandemia. Quanti bivacchi senza mascherina negli angoli meno frequentati della città, possibilmente all’ombra di una chiesa o sotto un portico pubblico, quasi a sfidare il potere spirituale e terreno. Quanta scarsa attenzione nel trasformarsi in portatori sani del virus rientrando a casa e mettendosi a tavola con genitori e nonni. Il numero dei morti non sconvolge più. O è narcosi o è rassegnazione oppure dobbiamo parlare di comportamenti criminali. I giovani, il nostro futuro, precipitati nel baratro dell’indifferenza. Quei giovani ai quali, nonostante tutto, si affida questo mondo per ripartire quando il Gran Bastardo sarà sconfitto. La cosa più intelligente e controcorrente che ci è capitato di leggere in questi giorni era nello scritto di una insegnante in pensione: esortava i governi a vaccinare i ragazzi delle scuole superiori subito dopo le categorie più esposte al rischio di contagio, medici, infermieri, persone fragili. Bisogna farli ritornare sui banchi. Sia restituita a loro, prima che agli adulti,  una vita normale. A un ministro, a un governatore  non sarebbe mai venuto in mente. Grazie prof.

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