La palla sulla tomba di Domenichino
- Gianni Spartà
- 11/04/2021
- 0
Devozione e miracoli
Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, ha voluto sostare la vigilia di Pasqua sulla tomba del suo maestro Giuseppe Zamberletti nel cimitero del Sacro Monte (foto). Qualche attimo di silenzio poi la sua curiosità è stata stimolata da alcuni giocattolini, tra i quali una piccola palla bianca e blu, depositati sulla lapide accanto: quella del Domenichino, fratello minore di Zambo (così abbreviavano il suo nome i democristiani), morto di leucemia a 13 anni e nove mesi e subito circondato da impressionante devozione popolare per miracoli che gli venivano attribuiti. Non ne sapeva nulla Bertolaso: mai il suo maestro gliene aveva parlato e probabilmente come lui ne sono ignari i tanti che Zamberletti hanno conosciuto da parlamentare, sottosegretario. E tuttavia quella piccola palla è il segno di come ancora oggi, a 71 anni dalla sua scomparsa, Domenichino stia nel cuore e nell’anima di quanti si recano a pregarlo, a ringraziarlo, lasciandogli oggetti significativi, magari ex voto. Per la guarigione di un figlio, di un fratello, di un genitore, chissà. Mai si concluse un processo di beatificazione proposto per interessamento di monsignor Angelo Del Frate, a lungo arciprete del Sacro Monte, appoggiato con cautela dalle gerarchie ambrosiane. Esso si fermò in Sicilia dove evidentemente si era spinta la fama del un bambino che procurava prodigi. Probabilmente fu la famiglia, cattolicissima, a sollecitare prudenza che fu esaudita da santa romana chiesa. Vale la pena di ricordarlo “il folletto biondo, bello, vivacissimo, sempre pronto a fare e ad aiutare” come lo descrive la sua biografa Maricilla Piovanelli in un vecchio volumetto recapitato un anno fa a Sergio Mattarella da don Adriano Sandri. Ci sono dolcezza e commozione nella lettera di risposta del capo dello Stato. “Occhi chiari e profondi, sorriso dolcissimo, andava matto per le fiabe e le canzoni. Caratteristica della sua infanzia fu la gioia”, si legge nella biografia. Una gioia che dilagava nelle opere del chierichetto fedele e zelante, nella Comunione giornaliera prima di andare a scuola, nella rara abilità di organista per un fanciullo nato e morto all’ombra di un santuario mariano. Di Domenichino resta la memoria dell’ apostolato cristiano coltivato anche nei giorni del dolore quando lo torturava la malattia che sopportò pensando al Paradiso.