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L’usato sicuro di Varese

  • Gianni Spartà
  • 03/06/2021
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Operazione ripartenza

Una ripartenza dopo una foratura o un calo di zuccheri nel ciclismo si giudica alla fine della corsa: sulla linea del traguardo. Vale anche per una gara politica in una capoluogo di provincia che sogna due cose: scongiurare l’irrilevanza geografica, arrestare il calo abitativo. E si potrebbe aggiungere altro. Non si può negare che Varese stia pedalando bene. Recupero dell’ex Aermacchi, montagna di rovine e di amianto dove una volta c’era la fabbrica che ha progettato e costruito, tra cento altri, l’aereo delle Frecce Tricolori, l’MB 339. Fine di un ventennale dibattito sulla sorte della caserma Garibaldi, cimelio patriottico: esclusa l’idea di raderla al suolo,  ospiterà biblioteche e altre attività culturali. Dossier teatro, altra telenovela: ne avremo uno di pietra utilizzando un vecchio cinema, l’amato Politeama, e con i cento progetti spuntati dal 1970 a oggi potremo fare una mostra dedicata alla fantasia urbanistica di un’epoca. Ma siccome ci vorrà tempo, teniamoci buono per ora il teatro di pezza realizzato in fondo a piazza Repubblica abbattendo un prezioso mercato coperto in stile liberty. Infine l’area attorno alle due stazioni ferroviarie: sfumata l’idea d’unificarle, esse avranno attorno l’ambientazione degna di un luogo al centro del triangolo Milano-Malpensa-Lugano. Per chi scende da un treno ed è convinto di non fermarsi a Eboli, il biglietto da visita conta. Dunque per ripartire, Varese mette mano alla sua storia, la scelta meno rischiosa. Inventa il nuovo utilizzando l’usato sicuro. Dà spazio ai privati, riconverte edifici pubblici, ridisegna il volto a una città che ha avuto tante vocazioni: villeggiature di lusso, sede di industrie famose, crogiuolo di nuove iniziative universitarie e non può correre il rischio di perderle tutte retrocedendo a deserto ben attrezzato. Così scriveva di Varese Indro Montanelli negli anni ’60, non  desiderando criticarla, ma caso mai spronare a volersi bene con tutti quei re di denari a spasso sotto i portici. Figuriamoci  che cosa direbbe oggi il maestro di Fucecchio.  Metafora ciclistica anche per la cadrega di sindaco: in maglia rosa da cinque anni c’è Davide Galimberti, la Lega gliela vuole togliere di dosso non potendo sopportare nella sua culla colore diverso dal verde. Che sotto Salvini  è stato cangiante: dal bruno al bianco. Bobo Maroni a oggi è lo sfidante del Galimba: anche in questo caso usato sicurissimo e si fatica a mettere a fuoco rivalità tra i due. Targhe diverse, identica conoscenza della città, se si scava nelle loro vite le differenze sono più generazionali che ideali. Il resto? Cespugli civici, cavalli di ritorno, liste neutre pronte al salto sul carro del vincitore per un posto in consiglio comunale.  E’ la politica, bellezza. Questa politica.

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