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Ustica, la bomba e il pregiudizio

  • Gianni Spartà
  • 03/07/2021
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Niente e così sia

Chi l’ha buttato giù il Dc9 dell’Itavia sul mare di Ustica il 27 giugno del 1980 provocando una strage? Abbiamo appena commemorato per la quarantunesima volta 81 innocenti e al dolore antico, come sapete, s’è aggiunta la beffa: è ignoto l’autore del delitto, ma la Repubblica italiana è stata condannata a risarcisce i familiari delle vittime per “culpa in vigilando”, si direbbe nel gergo penale, perché non è stata in grado di garantire la sicurezza dei propri cieli, nel linguaggio meno crudo del codice civile. Ora sia chiaro che quelle madri, quei padri, quei nonni, quei figli non meritano cento milioni di euro (tanti gliene ha liquidò il tribunale di Palermo), ma mille volte tanto. In lunghi anni di inchieste giudiziarie e parlamentari non hanno avuto uno straccio di soddisfazione,  di giustizia perché siamo un Paese senza verità. Piazza Fontana, Treno Italicus, piazza della Loggia, non solo Ustica, sono capitoli di un romanzo della vergogna. Ciò basta a giustificare l’indennizzo sul piano etico. Ma per la strage sul Dc9 è bene si sappia ciò che è capitato: un processo lungo come la fame non ha dimostrato la tesi dell’abbattimento da missile e si è fermato all’ipotesi di una fantomatica turbolenza, forse un gioco di guerra, attorno all’aereo. I generali dell’Aeronautica accusati di alto tradimento, depistaggio e complotto sono stati tutti assolti. Nessuno ha identificato, con ragionevole e documentata certezza, la causa del disastro. Il missile (sganciato da chi, partito da dove? Mai trovato un frammento) ha fatto la fortuna dei teorizzatori del Muro di gomma: cinematografari e scrittori di spy story spacciati per saggi. In compenso non ha bucato la barriera del preconcetto una monumentale perizia del forlivese-tradatese Ermanno Bazzocchi, autorità in campo ingegneristico, papà delle Frecce Tricolori, secondo la quale a far cadere il jet è stata una bomba piazzata nella toilette di coda da terroristi. “Terroristi libici”, diceva Giuseppe Zamberletti, testimone quand’era sottosegretario agli Esteri, di un torto patito da Gheddafi a opera del governo italiano. Al rais era stato revocato il controllo sul petrolio estratto dai fondali dell’isola di Malta. Ed egli si vendicò. Perché Bazzocchi si convinse della bomba, seguito a ruota su questa tesi niente meno che da Frank Taylor, superesperto britannico, conosciuto come il mago di Lockerbie per aver svelato la matrice libica dell’abbattimento di un aereo della Pan America nel 1988?  Per far comodo a qualcuno? E un ingegnere ottuagenario dopo una carriera strepitosa avrebbe gettato la sua fama alle ortiche a beneficio di quattro generali? Poppino di coda dell’aereo volato via, lamiere slabbrate verso l’estero del velivolo, tubi dell’aria condizionata deformati come quando c’è un’esplosione dentro non fuori: bomba azionata da un timer come quella di Lockerbie, appunto. Eccolo il teorema Bazzocchi. Certo: Gheddafi, dopo tanti anni, avrebbe magari spiegato questo e altro. Ma non c’è più. Amen.

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