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La sveglia suonò, Paolo VI moriva

  • Gianni Spartà
  • 07/08/2021
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6 agosto

Il sei agosto è una data che milanesi e bresciani tengono segnata in rosso nel loro calendario particolare: è il giorno della scomparsa di Paolo VI, legato alla  Lonbardia natale per essere stato cardinale arcivescovo  sotto la Madonnina  e per l’amicizia fraterna con un sacerdote di Varese, don Pasquale Macchi, che gli fece da segretario a Milano e poi lo seguì da Papa a Roma.  Ci immaginiamo i due nell’alto dei cieli a ricordare cose terrene terribili ed esaltanti. Tra le prime i 55 giorni del sequestro Moro nella primavera del 1978: Montini, già malato, sopravvisse due mesi alla morte del leader democristiano per la cui liberazione si spese inutilmente scrivendo agli uomini della Brigate Rosse, implorandoli dalla finestra affacciata su piazza San Pietro. Tra le seconde, quelle esaltanti,  il primo viaggio di un pontefice romano in Terra Santa, 6 gennaio del 1964, che fu anche l’esordio del successore di Pietro a bordo di un aereo. Fotografie tramandano Paolo VI che sale sulle scaletta tallonato da un don Pasquale più pensieroso che mai. Nei diari di Macchi  abbiamo trovato la cronaca di quel 4 agosto 1978 quando il Papa. oggi santo, si spense e c’è un particolare che il fido segretario raccontava così: “Se ne andò recitando il Padre nostro con voce debolissima e in quell’istante la sua vecchia sveglia si mise a suonare. Il  mattino di quel giorno, vedendo che si era fermata, l’avevo caricata spostando inavvertitamente le  lancette sulle 21,40. Quel suono che per una vita aveva svegliato il Papa, quella sera, simbolicamente, segnò per lui l’alba del giorno che non tramonta mai”.  Un’altra storia poco nota: da tempo sofferente Paolo VI aveva dettato precise disposizioni nel caso le sue facoltà intellettuali si fossero affievolite fino a impedirgli di guidare la Chiesa universale. Una  lettera di dimissioni in bianco, praticamente,  che chiuse Macchi chiusa a chiave nel suo scrittoio. “Non fu mai resa pubblica, dunque è doveroso rispettarne la segretezza”, rivelò don Pasquale spiegandoci  ccme  il pensiero della morte avesse accompagnato Paolo VI dagli anni della giovinezza. “Egli la riteneva parte integrante della catechesi cristiana. Mi diceva: si deve insegnare a vivere bene, ma anche a ben morire. E lo ribadì in una lettera, dopo l’intervento chirurgico del 1967, che possiamo considerare preparatoria al suo testamento, quindici pagine scritte a mano”. L’infermità di Paolo VI non ebbe il risalto mediatico che ha avuto quella del suo successore. C’erano meno televisioni, ai tempi. E tuttavia le sofferenze, la febbre persistente, i continui controlli medici resero penosa l’esistenza del Papa fino, appunto, alle 21,40 del 6 agosto 1978

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