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Il pentapartito risorto

  • Gianni Spartà
  • 30/09/2021
  • 0

A Varese modello Draghi?

Quindici,  venti anni fa nelle loro assemblee, gli industriali avrebbero puntato i riflettori sui conti delle imprese, sulla domanda di lavoro che non incrocia l’offerta e viceversa, sulle contraffazioni cinesi, insomma sull’ordinaria amministrazione in un Paese che dice di cambiare e fa sempre le stesse cose. Oggi che al governo c’è un Drago plurale e che i soldi dell’Europa sembrano nelle mani migliori, vale la pena tornare ai massimi sistemi di un territorio con tante potenzialità inespresse o sottovalutate. Ed ecco la trovata di intavolare il dibattito confindustriale a Malpensa per enfatizzare il fulcro sul quale appoggiare la leva della rinascita. Tanto più che l’aeroporto intercontinentale è l’unica grossa azienda che non ha trasferito altrove la cabina decisionale, almeno geograficamente. Qui è nata, qui è cresciuta, qui è rimasta. E’ come se la Confindustria varesina partecipasse a modo suo alla campagna elettorale e chiamasse a raccolta i sindaci che tra una quindicina di giorni, considerando i ballottaggi, saranno ai posti di combattimento. A Malpensa c’è pane non per tutti, ma per molti. La storia ha voluto che essa sorgesse equidistante da Varese e da Milano e che insistesse sulla prateria attorno a Gallarate e a Busto. Avendo fatto scempio di migliaia di ettari di parco del Ticino che nonostante tutto, in certe zone, rimane luogo dell’anima, è in quella direzione che si deve guardare. Prodigandosi perché ci sia un treno che colleghi lo scalo al nord della provincia, non solo a Milano; allargando il più possibile l’indotto - alberghi, turismo, attrazioni, commerci - di una metropoli in miniatura dalla quale passano trenta milioni di persone l’anno; insistendo per avere la ciliegina sulla torta del Frecciarossa in aeroporto. Fa marketing territoriale un campionato europeo di canottaggio, lo fece nel 2008 un mondiale di ciclismo, quante lezioni sta dando lo sport, con i suoi gol e i suoi ori olimpici, a un’Italia convalescente dopo la terrificante pandemia.  E sul territorio, solo su questo, è bene si concentrino gli elettori con l’augurio di scongiurare la grande diserzione del 2016. Si recò alle urne poco più della metà degli aventi diritto a giocare una  partita rivelatasi storica: la Lega sbalzata dal trono di Varese dopo  23 anni di monopolio, sindaco al centrosinistra nella persona di Davide Galimberti. Che ora tenta il bis. Bis che Salvini ha già fatto venendo a Varese due volte in dieci giorni. Paura fottuta? Certo, la gente si rimotiva se annusa buona politica, se è consapevole di partecipare al varo di amministrazioni capaci, oneste e durevoli, se non sente più parlare di Mensa dei poveri, quella farlocca. Chi l’ha detto che dalle nostre parti, intendendosi la Lombardia, non possa essere replicato il modello Draghi per evitare le trappole di un bipolarismo mai sdoganato nel nostro Paese? Questo territorio è cresciuto a pane e pentapartito e qui nel 1993 un Carroccio ruspante laureò il primo borgomastro d’Italia appoggiandosi alla stampella dell’allora Pds. Siamo potenzialmente un laboratorio e sarebbe un male se le disavventure “bestiali” che spiazzano la Lega drogassero, è il caso di dirlo, il voto nei comuni. Se proprio non vogliamo sentirci provinciali peschiamo nel grande e gratificante, non nel piccolo e meschino. Osserviamo ingrandirsi la tela di Giorgetti talmente ben costruita attorno a Draghi da pensare che questi un giorno possa cedergli il trono di Palazzo Chigi. E pensiamo a Marta Cartabia, anche lei personaggio nostrano, che di Draghi potrebbe essere l’alternativa nella partita Quirinale. La prima donna presidente della Repubblica. Ma solo se l’invincibile armata casta dei giudici digerirà la sua riforma. E qui il sogno si complica e forse svanisce.

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