La provincia dormiente
- Gianni Spartà
- 23/03/2022
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Memorie cancellate
Giorni fa un aereo che si chiama M 346 è precipitato e uno dei due piloti ha perso la vita, l’altro è ferito. I comunicati ufficiali, ripresi dalle agenzie di stampa, hanno spiegato che il velivolo fa parte del campionario Leonardo, industria pubblica (ex Finmeccanica) di cui il comparto aeronautico rappresenta la punta di diamante. Nemmeno una riga dedicata alla fabbrica nella quale il modello entrò con la livrea russa della Yakovlev nel 1992 e ne uscì molti anni più tardi perfettamente allineato a tecnologia e a esigenze del mercato occidentale, ramo addestratori suscettibili d’essere usati come caccia. Il meglio dell’aristocrazia operaia e ingegneristica varesina realizzò la metamorfosi, il 346 ha avuto un doloroso incidente ma è un gioiello. Nessun accenno, però, alla “M” di AerMacchi, Venegono Superiore, anno di nascita 1913, che nella sigla precede il numero di una serie. “346” dopo “339”, l’aereo delle Frecce Tricolori famose in tutto il mondo. Che cosa c’entra questo con l’editoriale del direttore Daniele Bellasio “Provincia dormitorio” pubblicato domenica? C’entra. E’ l’indizio di una verità con una possibile variante: siamo un dormitorio perché ci siamo addormentati. E quando un territorio dorme, la sua memoria finisce nel congelatore della retorica, scomparendo dalle vetrine della storia. L’area geografica che comincia al confine con la Svizzera e termina alle porte di Milano, Varese insomma, è come uscita dai radar. Sui quali , perbacco, ha lasciato scie luminose dagli metà 900 in poi inorgogliendo nativi e pervenuti e dando gloria al romanzo industriale, finanziario, anche sportivo di questo Paese. Ora, il caso 346, oltre tutto legato a una tragedia, va subito richiuso in valigia. Diciamo che stato uno spunto: Leonardo dà futuro ad Aermacchi e Agusta. Ma è il caso, questo sì, di capire perché ci accostano all’idea del sonno. E non per il luogo ameno dove moltitudini tornano felicemente a dormire dopo aver lavorato a Milano o in Svizzera, ma per qualcosa di strutturale. L’abbiamo detto più volte: i centri decisionali che avevamo in casa hanno cambiato domicilio, l’epoca dei “cumenda” nostrani è morta e sepolta e tuttavia rappresenta un vanto che le multinazionali abbiano trovato occasioni di stabilità e sviluppo sull’asse Varese-Gallarate-Busto passando per Malpensa. Vuol dire che qui c’è stato il saper fare e il genio. Che cosa è venuto meno, paradossalmente quando in politica l’invenzione di un medico fallito ma capopopolo di talento ha spedito gente di qui nei governi, nei parlamenti, nelle aziende di Sato e alla Rai? Varese l’Avellino del Nord: coniò la metafora Daniele Marantelli. Che cosa avevamo e utile sarebbe ripristinare? Avevamo leader naturali, uomini vocati allo spirito d’iniziativa non per appartenenza ma per credibilità conquistata e riconosciuta. Essi dicevano una cosa, annunciavano un progetto e catturavano consenso che andava oltre il quarto d’ora di celebrità cercato in un’intervista o in un comunicato. Razza estinta? No solo oscurata e dà rilanciare nell’uditorio dei giovani che hanno bisogno di esempi. Nel marketing territoriale c’è uno straordinario veicolo di idee e suggerimenti. Devono aver captato qualcosa in qualche video gli australiani se sono venuti a Gavirate per installarvi il quartiere generale delle nazionali di canottaggio e ciclismo. Poi le dimensioni. La provincia che appare sempre più piccola perché i compilatori di statistiche non ci vogliono bene o perché il regresso è sotto gli occhi di tutti, ha una sola via d’uscita: diventare grande. Diciamo subito che è impossibile revisionare le vicende di questo territorio che ha avuto in sorte di riconoscersi non in un sola città, ma almeno in due, equivalenti per ruolo e anagrafe: Varese e Busto Arsizio. Una fu premiata da Mussolini, l’altra no e da quel momento cominciarono i guai. E allora la soluzione, moderna e realistica, è un’altra: fare del capoluogo una federazione con i paesi limitrofi, dilatare gli attuali 80mila abitanti scarsi fino a 120-150mila, potenziare la massa critica fiscale, migliorare quantità e qualità di servizi. Ciò non significa armarsi di vernice e pennello per cancellare sui cartelli stradali i nomi di località cui è legata una promozione (il distacco da Como) conquistata a fatica. Significa aggregare, condividere, fortificare. Vuol dire tagliare sprechi, ridurre seggiole e poltrone, asciugare poteri solo di facciata. Il sasso è nell’acqua, si aspettano onde possibilmente in tempi di pace.