Eventi accavallati
- Gianni Spartà
- 24/06/2023
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Cercasi regista
Puntualmente, a cavallo del solstizio d’estate, Varese tira fuori dal cassetto l’orgoglio di non sentirsi una cenerentola nell’armadio che custodisce i gioielli della cultura. Si susseguono e purtroppo si accavallano spettacoli teatrali, musicali, rassegne letterarie, eventi d’arte antica e moderna, a volte in concomitanza di gare sportive di grande richiamo. Ma questo non disturba, anzi. Il pubblico è spiazzato: dove andare, che cosa scegliere e che cosa scartare? Forse ci vorrebbe un regolatore del traffico capace d’evitare gli ingorghi e quale ente pubblico più dell’amministrazione comunale, ramo Cultura e Tempo Libero, può incaricarne uno? Pensiamoci. Ma qui ci preme soffermarsi sulla riscoperta del lago di cui s’è avuta conferma scendendo alla Schiranna nei giorni del mondiali di canottaggio. Risplendevano i locali della piscina comunale, rimessi a nuovo, c’erano anatre e papere sul prato di fronte alla tribuna d’onore della competizione internazionale, quanti ragazzi e ragazze con la maglia azzurra addosso e quanta gente scesa a seguire le gare. Un’arcadia rurale e atletica. E poi la Babele di lingue parlate dai gladiatori del remo e dai loro allenatori: tutto molto bello. L’approdo a Varese di un mondiale di canottaggio non è un caso ma il ricalco di tracce invisibili lasciate da una disciplina dura negli anni del boom economico, quasi lavoro e sport costituissero una simbiosi perfetta. Se si eccettuano pescatori e barcaioli, fino ai primi del Novecento le genti bosine guardavano il lago dall’alto in basso. Provvide lo sport a saldare gli estremi di questo spazio con una “Maranello d’acqua dolce” nella quale rombavano gli idrovolanti della Macchi impegnati nella Coppa Schneider e con una silenziosa scuderia di remi e muscoli dalla quale avrebbero preso il largo imbarcazioni leggere e sfilanti. Come dimenticare il trionfo europeo di un “otto con” tutto varesino nel 1950: Fioretti, Sessa, Mainetti, De Bortoli Bonifacio e Mario, Chicco, Gandini, Urbani, Bardelli? Ma forse pochi sanno che furono cinque pescatori, Ernesto Giorgetti, Luigi Vanoletti , Pietro e Celeste Bossi, Santino Zanetti nel 1908 a dare il primo, energico colpo di reni al futuro sviluppo a Varese di una disciplina sportiva di livello olimpionico. Era in programma una gara sul lago tra la Schiranna e Calcinate del Pesce, vi partecipavano blasonate società di Roma, Piacenza, Como e Lecco, il nostro territorio non aveva squadra di atleti veri e propri e corse ai ripari ingaggiando un team di personaggi che la barca la usavano per andare a gettare le reti. L’orgoglio locale ricevette una poderosa scossa, la competizione fu seguita sui pontili da centinaia di persone, i pescatori non potevano pensare di vincere, nemmeno di salire sul podio, ma da quel momento il canottaggio ricevette l’attenzione di sponsor (uno fu Giovanni Borghi) che garantivano premi e incentivavano l’organizzazione di raduni. Andò così fino al 1927, l’anno della nascita della provincia di Varese, quando germogliò, non dal nulla, la gloriosa Società Canottieri . Si gettava il seme di una tradizione agonistica, ma anche quello di una sana educazione sportiva dei giovani. Medaglie e ricordi. Le famiglie delle buona borghesia prestavano ai remi i muscoli dei loro pargoli e se il rigore della disciplina trasformava questi ragazzi in atleti perfetti, in qualche caso campioni, la serietà del sodalizio garantiva che essi avrebbero frequentato una scuola di vita. Nulla si perde della civiltà di un territorio. E per civiltà dobbiamo intendere il complesso plesso di aspetti culturali spontanei o organizzati storicamente racchiusi in un’epoca e tramandati a un’altra come accade con la memoria che senza darlo a vedere propaga i suoi bip. Spuntata da un altro mondo, la nazionale australiana di canottaggio da anni si allena tra noi. E tra noi abita. Aspetti venali a parte, una bella medaglia.