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Un cuore nella storia

  • Gianni Spartà
  • 03/11/2023
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Giovanna e Christian

Cuore matto, cuore ballerino, cuore ingrato e cuore infranto. Ma anche cuore di panna, partita del cuore, cuore a sinistra portafoglio a destra. Scrittori, musicisti, sociologi, pubblicitari hanno costruito fortune artistiche attorno al  centro di gravità dell’umana esistenza, quel muscolo che ci batte dentro misurando l’intensità della vita e l’ineluttabilità del suo venir meno. In Italia abbiamo un arresto cardiaco ogni otto minuti e 45 secondi e le malattie legate a incidenti cardiovascolari, infarto su tutti, sono sempre la principale causa di morte.  Perché ne parliamo? Perché gli affari di cuore si sono presi la scena del  Premio Chiara in una domenica piovosa a Varese. Un nesso c’era: Chiara in fondo ha narrato passioni e palpiti che hanno sede proprio lì dove  valvole venose  si aprono e si chiudono al ritmo di un metronomo. E tuttavia sei cardiologi, tre maschi e tre femmine, non hanno fatto letteratura nella sala Montanari, ma dettato precise regole di manutenzione. Sport, dieta, niente fumo, poco stress difendono il “motore” da ruggini e guasti. Lo sapevamo già, ci è stato ricordato anche con note liete. Quanti  passi avanti hanno fatto la ricerca e la tecnologia. Defibrillatori, telemedicina, prevenzione possono abbassare la soglia dell’allarme rosso. Il resto lo fanno cure farmaceutiche di larga efficacia, interventi sempre meno invasivi, altri decisamente radicali. Il trapianto di cuore mezzo secolo fa era una conquista, oggi una consuetudine clinica legata però al progresso dei testamenti biologici: dispongo il destino dei miei beni materiali, ma anche dei miei organi. Questa cultura della donazione suprema va propagandata e invece se ne parla poco. Poi c’è la crisi di logoramento del nostro sistema sanitario: era un modello invidiato da Obama, sta diventando un problema  per difetto di organizzazione, iniquità dei compensi a medici e a infermieri, ma anche per un calcolo matematico. Vivendo di più, la popolazione usa più a lungo ospedali e ambulatori pubblici. Ed ecco il corto circuito. Ma siccome nulla è più importante della salute non si dovrebbero registrare esitazioni nel rimuovere ostacoli, sprechi, sciatterie, lentezze e nel tacitare battaglie politiche di inconcludente profilo pratico. Sicuri che il guasto non sia strutturale? Dalle nostre parti non si è mai spenta l’eco di una bellissima storia: la prima italiana operata da Christian Barnard, profeta dei trapianti di cuore, si chiamava Giovanna Bon, abitava a Induno Olona, aveva 8 anni quando salì con i genitori su un aereo per raggiungere Città del Capo dove il grande cardiochirurgo aveva cambiato per la prima volta il cuore a un essere umano. Due anni dopo, 1969, toccò a Giovanna e tutto andò bene. C’era stata una splendida gara di solidarietà a Induno per sostenere le spese di quella trasferta della speranza. Barnard venne in Italia il 4 marzo del 1970: era in viaggio di nozze. Con la moglie Barbara si recò a trovare la sua piccola  paziente che accolse il suo salvatore a braccia larghe come mostra un filmato dell’Istituto Luce datato 18 marzo dello stesso anno. La municipalità di Induno Olona ha storicizzato quell’evento. Conferendo la cittadinanza onoraria all’illustre ospite, il sindaco Giovanni Beretta sottolineò il “saldo vincolo di pensiero” che avrebbe unito per sempre il paese della Val Ceresio al medico più famoso del mondo in quel tempo. Barnard conversò anche con Prealpina rispondendo alle domande del giornalista Massimo Lodi. Già: Induno Olona pare abituata ad ammantarsi di glorie. Tra le sue antiche case nacque Luigi Ganna, primo vincitore di un Giro d’Italia nel 1909; lì è sepolto Arturo Ferrarin, l’aviatore caro a D’Annunzio, artefice delle prima trasvolata Roma-Tokio; sempre di Induno è Carlo Maciachini l’architetto che progettò il cimitero Monumentale a Milano. Giovanna Bon morì a 36 anni nel 1997. Una bambina di Varese nella storia dei trapianti di cuore. Che col cuore dobbiamo sostenere.      

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