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Ospedali, la controriforma

  • Gianni Spartà
  • 15/12/2023
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Elogio del Quarto Stato

Non c’è comparto della vita pubblica che più della Salute, preferibile al termine Sanità, dovrebbe valorizzare il legame prezioso con il territorio al cui servizio essa si pone. Non vale per altri comparti, la giustizia ad esempio, dove il valore solenne dell’imparzialità, suggerisce un distacco netto, se non altro per non alimentare equivoci. Vale per gli ospedali, i luoghi di cura, anche estremi come le case di riposo e gli hospice, per i quali la conoscenza e l’utilizzo virtuoso di ciò che li circonda, appare fondamentale. Lo abbiamo sperimentato con il Covid, la madre di tutte le emergenze nel nostro tempo. Domande: perché un fiore e all’occhiello del Paese, il sistema sanitario nazionale, è entrato i crisi? Perché sono esplosi ritardi, liste d’attesa, scadenze biennali per visite e analisi? Perché medici e infermieri, eroi nella stagione orribile 2020-21, sono costretti a scioperare? Stiamo tutti più malati o stanno peggio anche loro, quelli nelle cui mani mettiamo la nostra vita? La selva della comprensione è oscura, tortuosa, le fumisterie su quanti miliardi occorrono per tornare rivedere le stelle non ci convincono affatto: è solo politica politicante. Crediamo che il malessere di camici bianchi e verdi e ovviamente dei pazienti, le vere vittime, abbia bisogno di altre risposte. Può darle, queste risposte. una sanità partecipata dal territorio che non significa cancellare il presente, ma delibare dal passato misure convenienti alla sopravvivenza del nostro sistema sanitario. Il quale come ogni macchina, risalendo la sua fabbricazione al 1978,  richiede manutenzione.  Al di là di suggestioni romantiche, non si discute, intendiamoci, la trasformazione degli ospedali in aziende governate da manager. I probiviri più affidabili di una città oggi non potrebbero più amministrare bilanci da centinaia di milioni di euro. Considerata la debordante domanda, anche tecnologica, nessuno offerta gestionale vecchio stampo potrebbe reggere l’impatto. Ma ci si chiede se l’economia civile, quella generata dal territorio, appunto, non  potrebbe aiutare il miglioramento di servizi fondamentali. Come già accade, non con sufficiente attenzione da parte dei poteri costituiti. I fatti dicono che “il tutto gratis per tutti” in ospedali e ambulatori è un bene in via di estinzione. C’è la corsa a investire nel bene salute da parte di fondi, assicurazioni, lo vediamo soprattutto in Lombardia dove vi è chi dice che quindici-venti  anni fa simili iniziative private furono incoraggiate impoverendo il pubblico. Einstein affermava che è più  facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Non sapeva naturalmente che i processi avrebbero accertato devianze. Una verità è assodata: la richiesta di prestazioni è cresciuta nello stesso periodo di pari passo con l’invecchiamento della clientela. Speriamo non sia una colpa. E’ merito ascrivibile al progresso della scienza, anche al benessere fisico collettivo più curato. In questa dinamica plausibile, però, il servizio nazionale non si è accorto che nelle corsie cresceva il malcontento e che, ignorandolo, si sarebbe arrivati alla diserzione: il medico pubblico, se è capace, fa il salto del bancone arruolandosi nelle cliniche, l’infermiere in una zona di confine salta la rete e va a lavorare in Svizzera a stipendio doppio. E quando nel Varesotto, la settima provincia più cara d’Italia, si indice un concorso per 225 infermieri, accade che vi partecipino in 60. Come correre ai ripari? Ieri l’altro in uno di quei programmi che vanno in onda al mattino si parlava del welfare nelle nazioni d’Europa: in Norvegia, si raccontava, lo Stato paga in parte l’affitto a giovani infermieri pur di reclutarli dove c’è bisogno di assumerne. Un altro campo da non sottovalutare è il Terzo Settore, che l’economista Stefano Zamagni, definisce il Quarto Stato. Attorno agli ospedali esso è capillare, motivato dalla com-passione o dalla solidarietà, parola abusata: meglio parlare di responsabilità sociale. Bene: il quartier generale del Terzo Settore è proprio il territorio, luogo in cui si incrociano il mutuo soccorso, la conoscenza ravvicinata dei problemi da risolvere e anche le risorse economiche disponibili pro-bono. Dimentichiamoci ( anche no, a pensarci bene) l’epoca dei grandi benefattori che pensando al congedo terreno donavano a volte interi ospedali. In fondo restituivano qualcosa. Mettiamo a fuoco il volontariato che non conosce confini tra le persone e le comunità sulla scorta di un valore condiviso: il senso di appartenenza. Lo spontaneo aggregarsi in un gruppo ha creato reti, ridato speranza, inventato servizi che il pubblico non era obbligato a garantire. Giuseppe Zamberletti diceva che senza questo “di più” nessuna Protezione Civile sarebbe mai nata. Lo sa bene l’attuale assessore alla Sanità lombarda Guido Bertolaso che di “Zorro” fu il discepolo più amato. Conclusione, nessuna predica, solo suggerimenti per l’anno che verrà. A proposito: auguri!

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