L’Archimede della politica
- Gianni Spartà
- 28/01/2024
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Zamberletti inventore
Un uomo politico si guadagna i gradi di statista quando il suo pensiero e le sue opere resistono al trascorrere del tempo. Se questo è vero, Giuseppe Zamberletti è ancora vivo e presente nella storia repubblicana a cinque anni esatti dalla morte. Tre esempi di questa attualità, solo teorica ovviamente. Primo: la Protezione Civile, sua creatura, ha avuto un ruolo centrale durante l’emergenza Covid, prima per arginare la furia del mostro sconosciuto, poi per combatterlo con la massiccia somministrazione dei vaccini agli ordini di un generale di corpo d’armata. Secondo: il presidenzialismo, idea che Mister Terremoto cominciò a coltivare negli anni ‘70, sta in cima al programma del governo Meloni. Ma crediamo che a Zambo non piacerebbe la mezza misura del premierato, per giunta personalizzato. Terzo: la costruzione del Ponte sulla Stretto di Messina è di nuovo alla ribalta, dopo la cancellazione, che pareva definitiva, dall’elenco delle cose da fare. E per colmo di paradosso è stato il lombardo quasi svizzero Zamberletti a perorarne la causa sul finire della sua carriera. Diceva che saldare Calabria e Sicilia significava non solo ammodernare il Sud, traguardo minimo, ma anche aprire un corridoio ferroviario privilegiato alle merci in uscita da Suez e dirette nei porti europei, obiettivo continentale. Che Zamberletti fosse un visionario, come lo furono i capitani d’industria nel miracolo italiano, è geneticamente plausibile. Dandogli del profeta si esagererebbe, nonostante abbia avuto un fratello in odore di santità, il Domenichino. Forse vale di più un suo motto (“Fare prima è meglio che fare presto”) coniato quando Moro e Andreotti lo mandavano a soccorrere vittime di grandi catastrofi sbolognando la patata bollente tra le mani di uno buon organizzatore. Nelle retrovie del suo partito qualcuno sperava che se le bruciasse, ma l’interessato vedeva oltre il muro, puntava a costruire un metodo, impresa non facile nel Paese in cui vogliono comandare tutti. Su questo assunto nacque una Protezione Civile che è stata per anni modello esportato in Europa. (Zamberletti è sempre presente nella memoria del Paese che gli intiitola piazze, strade, centri di soccorsoi e che di lui parla con riconoscenza. Omaggio a un Archimede della politics, all’inventore di servizi di pubblica utlità, a uno che ha fatto scuola lasciandosi alle spalle aiutanti di battaglia e allievi promettenti come Guido Bertolaso (foto) , assessore lombardo alla Sanità. I funerali di stato celebrati a Varese furono un’eccezione alla regola (sono previsti per presidenti della Repubblica, ministri, alte cariche istituzionali), vennero offerti con consenso unannima a uno degli ultimi figli della Prima Repubblica, stimatissimo dalla Seconda. Si è detto dell’attualità del pensiero di Zambo e tuttavia il confronto con il panorama odierno è sinceramente sconsigliabile. Intelligente, concreto, democristiano allergico alle correnti e propenso al dialogo, presidenzialista, ma al contempo fermo difensore del Parlamento, l’uomo del Sacro Monte riuscì a individuare in Enrico Berlinguer il più sorprendente degli alleati e in Almirante un suo sincero estimatore. Come se oggi Conte, Salvini e Meloni fossero amici per la pelle. Allora il Paese era sotto l’assedio del terrorismo rosso e non aveva dimenticato la strage nera di Piazza Fontana. Di lì a poco le BR avrebbero rapito, processato e ucciso il presidente della DC. Inutile osservaree che si è perso lo stampo di una certa classe dirigente. La differenza sta nelle qualità del legno di ieri e del cartone di oggi. Allora un’intera generazione politica fu diserbata da Mani Pulite; per partorirne un’altra, magari con stessi difetti individuali, ma con innegabile professionalità collettiva, il tempo trascorso non è bastato. Ce ne rendiamo quando i tg della sera trasmettono il cosiddetto “pastone”, vale a dire la somma delle dichiarazioni di leader e sottopancia. Zamberletti è entrato nella storia come il primo democristiano che si dimise dal governo, non in seguito a sollecitazioni esterne, bensì spontanea, testarda volontà, quando un suo segretario venne arrestato nel Friuli terremotato per una tangente da dieci milioni di lire. Lui non c’entrava niente, ma quello era un suo uomo. Auspici per l’oggi: un Paese incapace di trovare la quadra del compromesso, non storico, ma quotidiano, oltre tutto in mezzo a guerre devastanti, si mostra nemico di quella parola che Zamberletti ha avuto sempre nel cuore: ricostruzione. Da farsi con i mattoni della morale pubblica e del privato ritegno.