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Parlandone da vivo

  • Gianni Spartà
  • 31/08/2024
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Umberto Bossi

La falsa notizia della morte di Umberto Bossi ricorda una barzelletta che Berlusconi raccontava sulla propria fine. Il Cavaliere arriva al cospetto del Padreterno che prima di deciderne la destinazione gli chiede una consulenza su come riorganizzare il Paradiso dove i santi litigano con i cherubini. L’incontro dura tre ore, alla fine Silvio esce con una mano sulla spalla di Dio il quale esclama: carina l’idea del regno dei cieli trasformato in spa, ma non ho capito una cosa: perché Io dovrei fare il vicepresidente? Fattela una risata Umberto, pensa a Salvini, così di imbestialisci, e beccati questo “coccodrillo” senza lacrime che hai privilegio di leggere alla faccia degli jettatori. Dunque, il vecchio leone oggi è un re senza regno. Ha smesso di ruggire in difesa di una che sua non è più. Perse l’occasione di costruire un vero partito dei produttori del Nord e di quanti lavorano nelle sue fabbriche. Aveva trovato un professore, Gianfranco Miglio, che liquidò definendolo “scoreggia nello spazio” non valutando che ai piedi della Laga, accanto a macchiette con le barbe verdi e le corna da vichinghi, c’erano larghe fette della borghesia lombarda e veneta. Poteva diventare il capo di un movimento autenticamente federalista e- per quei tempi- coraggiosamente europeista. Peccato. Nonostante ciò il Carroccio è il partito più longevo della Seconda Repubblica. Quando Grillo, venendo vent’anni dopo il guerriero di Gemonio, tentò di imitarne fiuto e furbizia, non inventava nulla, si iscriveva a una scuola aperta da tempo. Sette anni fa sorpresi Bossi a fumare un sigaro, tutto solo al tavolino di un caffè di provincia. Aveva ancora la scorta e si lasciò andare a una confidenza: “Bene ha fatto il mio amico Silvio a tenere i figli lontano dalla politica”.  Il personaggio non si illude di una rivincita (il tempo della vita è tiranno), tanto meno di una vendetta (non guida più l’esercito di una volta). La Lega è stata trasformata in un’altra cosa, un partito come altri impegnato a tirare a campare, tradendo le proprie origini. Una forza di governo accodata alle destre più oltranziste d’Europa. Non v’è dubbio che Bossi sarà tra i pochi, insieme con Berlusconi, a essere citato nei libri dei posteri. Tanti leader in questi anni: tutti costruiti a fatica e bruciati in un amen o dalle inchieste dei giudici o dall’iconoclastia fratricida. Ma seppur investito da processi e lotte interne, il Senatur non è uscito dall’immaginario collettivo. Anche quando gli davano dell’illusionista, migliaia di elettori erano disposti a lasciarsi affascinare dai suoi cartoni animati. Ed erano anche operai che avevano stracciato la tessera della Cgil. I suoi comizi iniziavano con cavalcate rivoluzionarie nella steppa e finivano con passeggiate romantiche sulle rive del dio Po. Mettete dei fiori nei vostri cannoni: ricordate la canzone dei Giganti? E tuttavia, nel primo periodo, i servizi segreti seguirono con apprensione il personaggio che voleva spaccare lo Stato. L’unico che ne rideva, perché nascostamente attratto dalle idee confusamente secessioniste di Umberto, era Francesco Cossiga. Da buon sardo separatista, il pifferaio magico che afferrava rospi dagli stagni della sua terra e li trasformava in principi gli dava allegria. Bossi, poeta e chitarrista, tessera del pci in tasca negli anni ’80, cominciò dai bar nei quali quattro gatti senz’arte né parte si dedicavano allo sport preferito: darsi furiosamente ragione a vicenda. Ne ha fatto l’incubatrice di ministri, sottosegretari, direttori Rai, parlamentari italiani ed europei. Che in molti casi hanno voltano le spalle al loro benefattore. Così è la vita. Quanto alla fake news odierna: hanno ammazzato Bossi, Bossi è vivo. Tiè.

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