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Onu, niente e così sia

  • Gianni Spartà
  • 09/10/2024
  • 0

Stragi di civili

Lo chiamano Palazzo di Vetro, svetta con i suoi 154 metri nel Midtown di Manhattan a New York City, i telegiornali di tanto in tanto lo riprendono da fuori, ma sfugge ai più che cosa faccia guardandolo da dentro. Guerra da quasi tre anni in Ucraina, guerra da un anno in Medio Oriente, diritti umani massacrati, migliaia di morti: perché la voce delle Nazioni Unite che dovrebbe superare la barriera del suono si appalesa debole, irrilevante, assente? Onu: l’acronimo incute rispetto. Configura il giudice della pace nel mondo, il luogo che dovrebbe disinnescare i conflitti, fermare le stragi di civili. Può aprire processi, istruirli, ma non può chiuderli con verdetti esecutivi, perché le toghe permanenti di questo tribunale supremo sono cinque e una ce l’ha sulle spalle Putin. Il quale ha il diritto di fare spallucce e a sentenze per lui ostili. In Medio Oriente situazione simmetrica: se il segretario generale delle Nazioni Unite condanna l’ampliamento del conflitto da Gaza al Libano, il premier israeliano Netanyahu lo può mettere alla porta considerandolo ospite indesiderato nel suo Paese. “Avanti fino alla vittoria finale”. Così è per ragioni che risalgono alla fine della seconda guerra mondiale quando i vincitori, Francia, Regno Unito, Russia, America dettarono la regola-capestro del potere di veto. Essi non potevano immaginare che il mondo sarebbe diventato multipolare. La guerra fredda, i due blocchi contrapposti, hanno tamponato derive imperialiste. Quando si rischiò qualche rottura dei patti (la crisi di Cuba), si trovarono pacificatori credibili e spendibili capaci di rimandare nei porti di partenza navi cariche di missili impedendo l’inferno. C’erano leader diversi, ci siamo sentiti protetti da qualcuno più forte di altri. Le Nazioni Unite potevano limitarsi a vigilare. Ma ora appare urgente ridisegnare la struttura del nucleo essenziale dell’Onu che non funziona più. Ucraina e Medio Oriente sono le punte di un iceberg sommerso, si contano 56 guerre in corso nell’orbe terracqueo. Che senso ha un consiglio di sicurezza senza Giappone, India, Sudamerica? E una rappresentanza europea con dentro l’Inghilterra che ha voluto la Brexit? Che dire poi della non pervenuta Africa, due miliardi d’abitanti, fabbrica di diseguaglianze orrende e di sfruttamento perfido? Non c’è da stupirsi se un leader del continente nero scrisse tempo fa sui social: “La maggioranza dell’umanità che non è bianca sostiene la Russia e non l’Ucraina”. Si può ipotizzare che allo stresso modo la pensino in molti Paesi dell’Asia e in buona parte del Medio Oriente. Domanda atroce: è davvero così isolato sul pianeta il satrapo del Cremlino? Dimentichiamoci d’averlo visto in una chiesa di Mosca con in mano una candela il giorno della Pasqua russo-ortodossa: questi sono affari suoi. Ma quanti stanno con lui e quanti contro di lui? Cinque stati con potere di veto più altri dieci a rotazione evidentemente non garantiscono un argine al moltiplicarsi di conflitti (193mila per spese militari nel 2023) e nemmeno scacciano i cattivi pensieri: prima o poi la bomba nucleare non sarà più tabù? La Società delle Nazioni non riuscì a impedire una nuova deflagrazione mondiale. L’Onu di oggi pare condannato allo stesso destino. Sulla sua costosa inutilità c’è poco da dire. Sotto il vestito niente. Papa Francesco ha perso la voce a furia di implorare il cessate il fuoco. Ma s’è perso lo stampo di una diplomazia efficace. E a proposito di cattivi pensieri, si diffonde la teoria pericolosa che la democrazia non rappresenti più il migliore dei governi possibili. Quanto tifo per le autocrazie in nazioni europee importanti, quanta volontà popolare soggiogata dai discorsi di potenti finanziatori soavemente convinti che in fondo la catastrofe nucleare sia un fine che giustifica i mezzi. Se siamo arrivati a questo punto, c’è da avere paura. 

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