Ciao Ezio. Il Lupo
- Gianni Spartà
- 25/11/2024
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La scomparsa di un giornalista
Il giornalismo lombardo è in lutto per la morte di Ezio Motterle, corrispondente e poi capo della redazione varesina del Giorno. Padre di due figli, funerali alle 9 di mercoledì 27 novembre nella chiesa parrocchiale di Gazzada Schianno.
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Caro Ezio,
per anni abbiamo riso e scommesso su chi dei due avrebbe scritto il coccodrillo dell’altro mentre tu infilavi gettoni in un telefono pubblico, ne avevi le tasche piene, e io andavo a fare il giro in tribunale. Tocca a me, mi dispiace da morirci, e sento l’eco della tua risposta: “A posto così”, tre parole con le quali sdrammatizzavi ogni notizia, fosse la morte del Papa. Non era cinismo, ma rinuncia all’Io. Ne abbiamo avuto prova in questi giorni con Alessandro Casarin, comune amico. Eri sparito, non rispondevi ai messaggi, ti sapevamo in ospedale, non volevi disturbare nessuno. “A posto così”, un corno, caro collega leale: tu avevi 68 anni, un amore smisurato per la Francia, un cervello dal quale è passato mezzo secolo di storia varesina, rara capacità di sintesi e di esegesi. Prima di scrivere una sillaba sul “tuo” territorio i colleghi della Rai e dei giornaloni ti consultavano come i greci con la Sibilla Cumana. E i cronisti in cerca d’autore sapevano che frequentando la tua scuola avrebbero conosciuto il loro destino. Senza mai giudicare, li mettevi nella condizione di capire che fare il giornalista-giornalista non era da tutti. Che vuoi che scriva? Che eri abile, rigoroso, puntuale, rispettoso, la rovina della categoria perché assumendo te un editore risparmiava tre stipendi? Sento ancora il tuo mantra: “Non è vero, ma sta bene”. E allora racconto la tua giornata da corrispondete e poi responsabile della redazione varesina del Giorno tra gli anni ’70 e ’90. Ore sei all’edicola in pantofole davanti a casa tua per una rapida consultazione dei giornali; ore 7 telefonata a Salvatore Furia per le previsioni del tempo; ore 8, giro di nera in collaborazione con Annamaria Gandini, corrispondente di Rai e Corriere; ore 9 chiamata in municipio per l’elenco dei nati e dei morti di giornata; ore 10 in ufficio per il menu da spedire ai tuoi capi milanesi; ore 11 a casa per la pausa-pranzo, eri uno svizzero; ore 14 di nuovo in redazione a pennellare titoli e a profumare il fumo, dicevi, quando l’arrosto era scarso. Roberto Maroni ti chiamava “il Castorone”, tu chiamavi me “il Lupo”, davanti alla tua scrivania (pezzo unico per lungo tempo, poi ti diedero un collaboratore) passava il mondo. Un imputato di Tangentopoli fu arrestato nel tuo rifugio. Ti chiamò la polizia giudiziaria: Ezio, Tal del Tali è da te? Poco dopo vennero a prenderlo. Non era il peggiore. Questa volta è vero e sta male, caro Ezio. Sta malissimo. La vita ti ha bastonato provato non solo per la salute. Tua figlia Clizia, avvocato in Scozia, ti ha dato orgoglio. Bolle il telefono, ti lascio. Ci rivedremo lassù, dove dirigerai l’ufficio stampa del Principale. Ciao, tuo Gianni.