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Tax Vobiscum

  • Gianni Spartà
  • 18/12/2024
  • 0

83 miliardi di evasione

Una cifra per rovinarvi il Natale domestico: a quello planetario provvedono Putin, Netanyahu, Hamas. La cifra è 83 miliardi allineata alla voce tasse non pagate. Ottantatré miliardi (in lettere) rappresentano i costi della scuola e della salute pubblica e sono la metà di quanto lo Stato ha investito per i bonus dell’edilizia. Se un amministratore di condominio presentasse ai suoi amministrati tale bilancio lo caccerebbero a pedate. Se comunicasse all’assemblea di aver inviato a proprietari e inquilini morosi lettere di sollecito si salverebbe momentaneamente. Chi ha fatto la stessa cosa dal vertice delle Agenzie delle Entrate s’è dimesso indignato. Ha guastato le feste al cinquanta per cento d’italiani che diserta anche le urne del fisco? Sì, se non ha altre mire e scheletri nell’armadio. No, se si pensa che ha fatto il suo mestiere: intimidire per portare a casa. Ma siccome ci hanno abituato alla dietrologia, aspettiamo di capire che cosa induce il più alto dirigente delle Finanze a rinunciare al posto, a ruolo sociale e allo stipendio. Che non immaginiamo disdicevole. Nessuna immaginazione invece per la fotografia tributaria del Bel Paese: galleggia sul “nero”, spesso è legittima difesa, considera le tasse le mogli dei tassi, come dicevano i cumenda spacconi degli anni ’60 che però non celebravano i matrimoni alle Cayman. Chi può non paga o paga poco. Per riuscirci con i crismi della legalità si avvale di specialisti sempre più numerosi. Summus ius, summa iniuria: diritto e ingiustizia possono coincidere. Difficile sopportare l’idea che un servizio sanitario pubblico in codice rosso curi gratis anche il ladro di Irpef e Iva. Ma la salute è un bene assoluto e noi non siamo (ancora) l’America. “Baracca Italia” si regge sugli ultimi mohicani del sostituto d’imposta, dipendenti e pensionati. Viene in mente La Banda degli onesti, il film con Totò e Peppino De Filippo fabbricatori notturni di banconote false che per sussulto di coscienza non riescono a spacciare. Qui il problema è un altro: coloro che hanno la fortuna di vivere di stipendio e pensione non devono nemmeno disturbarsi: il fisco trattiene alla fonte, una comodità. Per questo Padoa-Schioppa buonanima diceva: “Pagare le tasse è bellissimo”. Ora l’Italia è quinta nella classifica della pressione fiscale, prima in quella delle diseguaglianze sociali perché costretto a scaricare sui probi (compresi partite Iva e imprese) la sua voracità. Pochi Paesi al mondo strangolano i redditi da lavoro come l’Italia. In tutte le democrazie lo Stato incassa un dividendo dai cittadini soci che producono ricchezza in cambio di servizi, si spera decenti. Da noi detiene il pacchetto di maggioranza restituendo prestazioni mediocri. Perché paghiamo così tanto? Perché abbiamo tremila miliardi di debito pubblico, ma non solo per questo. Ecco una modesta proposta, se non altro per la soddisfazione di sapere: s’istituisca accanto all’Agenzia delle Entrate, un’Agenzia delle Uscite. Cornuti e mazziati, potremmo capire dove finiscono gli ettolitri di sangue prelevati ai donatori corretti. Prendiamo la provincia di Varese: ha un valore aggiunto o pil di 26 miliardi l’anno dal quale lo Stato dovrebbe ricavare un incasso tributario di 10, 7 miliardi, calcolando un’aliquota del 41,3 %. Come fanno tanti sindaci a dire “non abbiamo più un soldo, dobbiamo rinunciare a eventi e manifestazioni, va già bene se riusciamo a pagare l’asfaltatura delle strade”? E le addizionali Irpef regionali e comunali? In Lombardia non si rinuncia a esigerle, nel senso che regione e municipi la loro parte di tasse in teoria se la pigliano. Dove caspita s’infratta questo corposo tesoro, chi si mangia i soldi che il cittadino pensa di versare per essere curato bene quando va in un ospedale, per ottenere giustizia rapidamente in tribunale, per vedere cantieri di opere pubbliche aperti e puntualmente chiusi? Vi lasciamo sotto l’albero queste meditazioni. Buon Natale e tax vobiscum.  

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