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Non tutto fu molto bello

  • Gianni Spartà
  • 29/11/2019
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Quando il presente è nero, il passato può essere una buon antidepressivo con un’avvertenza: non prendere tutto per oro colato. La tv pubblica sta al gioco ein questi giorni rispolvera una fiction su Adriano Olivetti, l’imprenditore sociale che con le sue idee progressiste preoccupava gli Usa; un’altra su Luisa Spagnoli che non si contentò di inventare i Baci Perugina, ne trasferì il buongusto in una casa di moda cui diede il suo nome; una terza- questa inedita- su Enrico Piaggio e la sua Vespa presa in prestito dal cinema che ci mandò in giro per Roma Gregory Peck e Audrey Hepburn, felici e innamorati. Lui un giornalista, lei la figlia dell’ambasciatore americano: primo esempio di abbattimento delle barriere di classe. Aggiungiamoci Fred Bongusto, scomparso da poco, che cantava “Una Rotonda sul mare” facendo nascere tanti bambini e cista la famosa battuta ripetuta da Bruno Pizzul a ogni gol della nazionale di calcio: tutto molto bello! Già, il Paese ha vissuto epoche nelle quali in apparenza tutte le ciambelle riuscivano col buco. L’Italia ferita dalle guerre si rialzava dal letto e cominciava a correre senza che nessun medico le avesse somministrato cure specifiche: non a caso si parla di miracoli economici che sono nella realtà i frutti di una straordinaria capacità di volere e di una strepitosa forza di cominciare da capo. Nelle disgrazie, i connazionali danno il meglio di sé.Siamo convinti che lo faranno ancora. Non moriremo tutti grillini o salviniani,come non siamo morti democristiani e comunisti. Non vincerà Trump con la sua folle arroganza e nemmeno Putin con la sua spietata furbizia. L’importante è che l’Europa, reduce dall’aver festeggiato la caduta del muro dei muri, eviti la tentazione di tornare indietro, tradendo la cultura liberale, conquistata a fatica, per farsi cullare dalle sirene del nazionalismo, facile da predicare, pericoloso da  maneggiare. Ma provando ad andare oltre la beatificazione degli anni del boom, superando la comprensibile emozione provocata dall’amarcord di personaggi come l’inventore della Vespa, costruita ininterrottamente, e della Lettera 22, esposta al Moma di New York, è davvero da dieci e lode il nostro passato? E proprio il caso di segnalarlo come modello alle nuove generazioni,cioè a coloro che non c’erano? Pensateci: i vizi capitali di questa Italiaricca e vulnerabile risalgono storicamente proprio alle epoche narrate con enfasi memorialista. Ci riferiamo all’evasione fiscale (per molti “cumenda” le tasse erano le mogli dei tassi), alla corruzione nelle stanze del potere, al debito pubblico ignorato quando si poteva considerarne la perniciosità, al sovranismo di una burocrazia ottusa e paralizzante, alla distruzione del meglio che abbiamo: il paesaggio, la cultura, la storia. Tutti guai ereditati da leader ai quali oggi non possiamo chiedere rimedi, impegnati come sono a collezionare voti usa e getta: il tributo sanguigno dei nostri giorni dura una stagione poi evapora. E se insiste lo fa pensando a se stesso, non al popolo ingannato col populismo. Vale a destra e a sinistra: l’unica legge uguale per tutti è la fragorosa caduta degli dei, prima o poi. Pensateci:negli anni del cosiddetto miracolo, i costruttori mettevano le mani sulle città e le sfiguravano addossando brutti palazzi alle pareti antiche di chiese e monumenti, le coste venivano sacrificate a sua maestà il petrolchimico che issava i suoi luna park di torri e serbatoi nella cieca corsa al profitto e oggi in alcune parti delle isole più belle, la Sardegna e la Sicilia, ma anche in Calabria e in Puglia, sopravvivono icimiteri arrugginiti di una gloria effimera. Dove tutto non è andato alla malora, si va avanti con produzioni fuori mercato, con saldi di fine stagione alla portata di multinazionali che, spolpata la carne, vorrebbero battere inritirata lasciandosi alle spalle scheletri fumanti. E morti, tanti morti, che per le verità pesano sulla coscienza anche di chi li ha preceduti: lo Stato tra altri. Ogni riferimento all’Ilva di Taranto non è puramente casuale. Che cosa ci resta? Suoli infarciti di veleni, isole di plastica grandi come la Francia in mezzo all’oceano, bonifiche da effettuare con urgenza e l’enciclica di Papa Francesco intitolata “Laudato si”, forte richiamo alla tutela del Creato che ha subito insulti pazzeschi. Uno che non era Papa, Indro Montanelli,descriveva così la frenesia speculativa dei signori del miracolo: “A lasciarli fare demolirebbero anche il Duomo di Milano e il Battistero di Firenze per elevare al loro posto dei grattacieli e dovunque hanno potuto farlo col cavillo e col raggiro hanno seppellito i residui angolo di verde sotto massicce colate di cemento”. Tutto molto bello, allora sì che stavamo meglio perché il Paese cresceva? Ma come cresceva? Pensateci.

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