Blog



Ragazzi, spalate m...a

  • Gianni Spartà
  • 14/04/2025
  • 0

La lezione di Trombetta

La domanda è da brivido: di quali leader ci possiamo fidare oggi? Rispondete dopo aver spento tv e cellulare, con l’aria che fareste brutti incontri. Ciascuno pensi alla propria esperienza con persone conosciute da vicino. Io l’ho fatto e nella piccola patria di Varese ho messo a fuoco la figura di Dante Trombetta che domani, 13 aprile 2025, avrebbe compiuto cento anni. Forse mi ha suggestionato la coincidenza, sono sicuro di aver scelto tra persone alle quali la città ha voluto bene, essendone ricambiata. E allora il compleanno di Big Dante (nella foto di Carlo Meazza) merita un ritratto. Imprenditore, padre prolifico, trascinatore di una squadra di pallacanestro chiamata Robur et Fides, uomo di fede cristiana e di passione civile, Trombetta è stato tante cose: ha amministrato prima la Centrale del latte e poi l’ospedale di Circolo, ha edificato palestre e piscine, ha curato i propri affari, ovvio, ma nell’anima aveva sempre il mondo nel quale era cresciuto: l’oratorio di San Vittore. Sul Signor Dante privato hanno diritto di parola solo figli, nuore e nipoti, tutti travolti dall’uragano di vitalità che avevano in casa. Sulla parte pubblica si possono ricordare siparietti passati alla storia. Da presidente dell’ospedale ebbe in sorte di esaminare un giovane chirurgo onusto di diplomi e di benemerenze accademiche. Si chiamava Renzo Dionigi, veniva da Pavia. Lui guardò negli occhi il candidato all’assunzione, ascoltò per un minuto la premessa del suo curriculum, a un certo puntò lo fermò e in dialetto gli disse: “Senta prufesur, lei sa operare?”. E quello, imbarazzato: “Penso di sì, presidente”. “Allora io la prendo, ma se mi fa fare brutta figura con i pazienti la caccio a calci nel sedere”. Da manager sportivo Trombetta portò sulle spalle una specie di condanna: la Robur era la seconda squadra di basket della città, la prima sempre sarebbe stata la Ignis di Giovanni Borghi. Il sorpasso se lo poteva solo sognare. Quante immagini del presidentone metà Gulliver, metà capo Sioux che sulla panchina del palazzetto occupava lo spazio di tre atleti. Nei minuti cruciali della partita s’alzava in piedi urlando a squarcia gola: Alè fioeu. E quelle due parole sono diventate leggenda. Così come sono leggenda i metodi del Dante imprenditore.  Alle riunioni in azienda pretendeva, simpaticamente, che i collaboratori restassero in piedi: “Se li facevo sedere, perdevano, si rilassavano, divagavano”. Alle lezioni universitarie, alle quali era invitato da qualche docente di economia bisognoso di trasmettere modelli, si presentava incarognito: “Ragazzi, guardate che per riuscire nella vita dovete spalare m...” Gli studenti dapprima sghignazzavano, poi lo inseguivano fuori dell’aula: “Grazie signor Dante, abbiamo compreso il suo messaggio”. Lontano da consorterie che non fossero di matrice cattolica, schivo ma consapevole della stima riconosciutagli, Trombetta se n’è andato il primo dicembre 2013con un cruccio: non essere riuscito a vedere il vero nuovo ospedale di Varese. Uno solo, grande, costruito in un’altra parte della città sul modello di un modernissimo, allora, nosocomio bavarese. Il “Circolo” ce l’aveva sempre nel cuore e tutto ciò che serviva a convincere la gente a prendersi cura di chi cura, com’era un tempo, lo interessava, lo faceva tornare in panchina.

Aggiungi Commento

Nome
Email
Testo Commento (evidenzia per modificare)

(0) Commenti