Dio non è morto
- Gianni Spartà
- 25/12/2025
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Muoiono i dittatori
Scompigliando le parole di Woody Allen ecco la morale dei giorni nostri: Dio non è morto, anzi; è morto Marx, purtroppo; e a non a non sentirsi molto bene sono coloro che nell’anno del Giubileo (32 milioni di pellegrini da tutto il mondo a Roma), persistono a sottovalutare l’enorme carica di spiritualità che, nonostante tutto, sprigiona dai Vangeli, comunque li si ascolti o li si legga. Il “nonostante tutto” contempla dati incontrovertibili: chiese sempre più vuote, confessionali moderatamente affollati solo a Natale e a Pasqua, calo dei matrimoni religiosi, crollo delle nascite, parrocchie che evaporano per mancanza di preti. Anche in Vaticano si salvano importando personale dall’ Africa e dall’Asia. Come gli industriali e i manager della sanità. Poi le famiglie italiane si accorgono che i vecchi oratori rappresentano un usato sicuro per l’affidamento e la buona formazione dei figli. Poi gli “scarti”, così Francesco chiamava diversi e non abbienti, sanno che per pranzo, cena, docce, vestiario, assistenza farmaceutica, la cosiddetta Caritas ha sempre le porte spalancate dove frati, sacerdoti da marciapiede e ora tanti laici istruiti dall’esempio religioso danno valore ad almeno metà dei dieci comandamenti. Infine il “purtroppo” riferito alla morte Marx: sottintende che in un Occidente affascinato per stato di necessità dal prevalere delle autocrazie, le forze democratiche si sono bevute il cervello nel quale devono esserci ancora residui di buon liberal-socialismo. Si facciano una doccia, magari in qualche mensa dei poveri, e ricomincino daccapo. Abbiamo avuto un Giubileo straordinario. Lo aprì un papa dell’altro mondo, l’Argentina, lo chiude un altro, sempre spuntato da latitudini lontane, il Perù. Se lo era scelto Francesco dandogli per un lasciapassare un invito al futuro conclave. La staffetta ha un solo precedente in duemila anni. Si è svolto, il Giubileo, con le guerre in Europa e ai suoi confini. E se l’evento è un termometro della fede, anche i 180 pellegrinaggi in più al Sacro Monte sopra Varese significano qualcosa. Li ha annunciati sere fa l’arciprete don Eros Monti a Villa Recalcati. Tutti illuminati, devoti, pentiti e penitenti in questo popolo pio che ha attraversato porte sante dal Brennero a Lampedusa? Il cardinale Carlo Maria Martini diceva che ogni persona ha dentro il credente e il non credente e che solo il dialogo aperto sui grandi temi, il dolore, la storia, l’arte, stimola a “essere pensanti cercano la radice comune dell’umanesimo”. Né dogma né conversione ma condivisione di reciproche inquietudini. Ma chi è Leone XIV che, eletto da sei mesi, si porta a casa il bilancio di un Giubileo senza vedere scemare le disuguaglianze sociali, i massacri di donne e bambini in Terra Santa, le protervie dell’altro criminale, quello moscovita, che osa dire: “Dio è con noi” mentre massacra fratelli ucraini. Al nuovo papa danno del conservatore perché indossava la mozzetta all’esordio in San Pietro e non ha detto buonasera ma la pace sia con voi ai fedeli assiepati. Pietro. Certo, non è Francesco, ma nemmeno un seguace della teologia della ricchezza predicata dall’americanone biondo platino col quale condivide il passaporto. Appare come uno che messo di fronte al suprematismo della turbo-tecnologia può contare sulla resistenza del modello cristiano. E non è da solo perché quelli che entrarono nella Cappella Sistina da cardinali e tali ne uscirono (Zuppi e Pizzaballa), stanno facendo in silenzio quanto ci si aspetterebbe dalle diplomazie in grisaglia finora sconfitte sul fronte della pace mai toccata non mano. Buon Natale, già buon Natale: come dirlo, in che lingua, con quale faccia? Forse avendo la certezza che le chiese cristiane, ancora atrocemente divise, non cessano di essere punti di riferimento. Hanno una voce flebile rispetto al frastuono fallimentare della politica e delle democrazie rappresentate da uomini deboli, ma la consapevolezza di un mistero contraddittorio: l’umanità ha conosciuto Einstein, lodato Sabin, apprezzato Marie Curie e oggi idolatra l’intelligenza artificiale, ma prova sempre nostalgia del poverello d’Assisi che inventò il presepe. Quanto ai dittatori, loro sì che muoiono e mai nel loro letto.