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L´Italia, nonostante tutto

  • Gianni Spartà
  • 20/08/2019
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Le statistiche si leggono e si dimenticano e poi ti devi fidare: spesso sono istantanee approssimative. Meglio fermarsi a ciò che si vede gironzolando nell´Italia delle ferie che è come uno zoom: fissa il particolare. In questo limbo rappresentato dall´agosto più pazzo del mondo (andremo in paradiso, resteremo in purgatorio, nelle mani di chi?), si registra un boom di flussi turistici, complici l´anticiclone delle Azzorre e forse un´immagine dell´Italia non scalfita dai pasticci di palazzo. Tanti stranieri tra noi, tantissimi dall´Est europeo. Giapponesi e americani, i nostri clienti forti, paiono surclassati da polacchi, rumeni, russi, sloveni. Ristoranti e alberghi aggiornano la loro comunicazione linguistica nei menù: dev´esserci stato un passa parola che ha smosso comitive aviotrasportate scaricandole negli aeroporti del Centro. Il viaggio in Italia non comincia più solo da Milano, da Roma, ma da Pisa, da Catania, da Lamezia Terme. Da lì si prosegue con auto o pullmini a noleggio. Se è vero che i grandi eventi ci mettono un po´ a produrre ricadute sul Paese che li organizza, ci piace pensare che Expo 2015 incassi i primi dividendi. Avanti tutta con le Olimpiadi Milano-Cortina: costeranno un occhio delle testa, si riveleranno un buon investimento. Identikit del turista tipo: si trascina appresso un trolley sbarcando da un volo low cost: lui e lei, solitamente, con le prenotazioni sul video dei cellulari. La variabile è la prole al seguito. Il web ha distrutto le antiche liturgie del tour organizzato per tempo. Molti hanno comprato e pagato la settimana prima e sono partiti senza ansie. E tuttavia si afferma un altro tipo di bagaglio: lo zaino in spalla per avventure, a piedi, lungo il cammino della Via Francigena che di anno in anno rosicchia il primato insuperabile del pellegrinaggio verso Santiago de Compostela. Per footing o per fede, per devozione sacra o meditazione profana, pare in grande spolvero in questo 2019 l´itinerario pedestre che comincia a Canterbury, ma nella parte italiana si snoda dal Gran San Bernardo a Roma. Era inimmaginabile che l´uomo del terso millennio, dopo aver scoperto l´Alta Velocità, tornasse al passo lento per godersi una vacanza. Ma così è da quanto mi è capitato di vedere nei giorni scorsi calcando le crete senesi fino a Radicofani, il paese di Ghino di Tacco, ultimo brandello rosso nella Toscana salvinizzata. Il fenomeno è sempre meno di nicchia, lo praticato giovani che dieci anni fa andavano a Ibiza. Dove risiede lo strano oggetto del desiderio? Nel fascino esercitato dalla natura, che però non esclude il richiamo dell´arte. Il cammino offre alla moviola l´incontro ravvicinato con il tesoro nascosto di questo Paese: i piccoli borghi. Certo: lunga vita al Colosseo, agli Uffizi, a Pompei, alla Torre di Pisa, alla valle dei Templi, luoghi immortali, entrate sicure. Ma non si scrive con la "a" minuscola l´arte delle città fortificate nel triangolo Toscana-Umbria-Lazio, non si perde tempo sostando davanti a una pieve del dodicesimo secolo, non è meno emozionante una tela di Benozzo Gozzoli se giace sperduta in una campagna anziché issata su un altare in un museo di Firenze. Quanti richiami alla Commedia di Dante girovagando nella Val d´Orcia, patrimonio dell´Unesco, o facendosi guidare da un radiolina nel Duomo di San Gimignano. I Medici e lo Stato Pontificio hanno lasciato un segno indelebile nella nostra civiltà. L´Italia, nonostante tutto. Impareremo mai a esserne orgogliosi? Lo sono, orgogliosi, due marcantoni che ho incontrato a tra San Miniato e Garbassi, uguali a tanti camminatori in tutto tranne per una bandiera con croce bianca in campo rosso che s´innalzava sullo zaino: "Siamo guardie svizzere, abbiamo servito il Papa per tre anni. Torniamo a casa, a Zurigo". A piedi come da bolla pontificia di 1505, firmata da Giulio II e ancora rispettata. I piccoli borghi medievali sono il cuore e l´anima dell´identità della nazione, rappresentano l´antico ingegno che desta ancora meraviglia. Gli stranieri li amano e se possono ci comprano torri e casali, noi italiani non riusciamo a valorizzarli. Un po´ di numeri per capire lo stato dell´arte, è il caso di dirlo: 3400 musei, 2100 aree e parchi archeologici, 43 siti dell´Unesco. Abbiamo il più ampio patrimonio culturale del mondo, ma il ritorno commerciale di questo bendidio è da quattro a sette volte inferiore a quello realizzato da Francia e Inghilterra, il contributo dato alla nostra economia si ferma al 13%, in Spagna è del 21%. Se stendendo la manovra finanziaria, i ministri mettessero risorse nel comparto avremmo utili e occupazione e si sentirebbero meno soli sindaci e assessori nella difficile partita del marketing territoriale. Che bello se la parolina Pil si potesse tradurre in Piacere interno lordo. Buone notizie dai monti, forse per effetto delle Olimpiadi 2026 sull´asse Milano-Cortina: oltre cento impianti di risalita in dodici valli aperti come fosse Natale e non Ferragosto. Non era mai successo.

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