Un Gattopardo di lago
- Gianni Spartà
- 07/09/2020
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Rino Nicolini
Se penso a Rino Nicolini, scomparso in pieno agosto, non lo vedo nella sua tipografia intento a licenziare pagine di uno dei tanti libri che hanno messo sotto il torchio, per l’eternità, le bellezze di questa terra. No, lo vedo sul balcone della sua casa mentre accarezza alberelli di limoni cresciuti rigogliosi come se fossero stati piantati un qualche orto della Sicilia assolata, non tra le brume a latitudini prealpine. Ne era orgoglioso e, mostrandole all’amico, allungava lo sguardo verso il lago, quasi a sottolineare il miracolo di una natura generosa e imprevedibile. Quel lago lui se lo portava dentro. Forse perché era la prima cosa che aveva visto, da bambino, fuori della porta. E forse perché la sua fantasia di adolescente era stata colpita dalle reti di pescatore che suo fratello riordinava dopo averle liberate dai persici e dai lavarelli catturati la notte prima davanti ai canneti di Bodio. E’ un fatto che trasudano queste atmosfere i volumi di storia locale pubblicati in trent’anni di attività. Ed è un fatto che uno splendido scorcio della riviera tra Gavirate e Biandronno riempiva l’occhio di Rino Nicolini quando stava seduto nel luminoso studio dello stabilimento costruito con amore per l’eleganza, curato finché ha potuto prima di doverlo cedere a causa degli inconvenienti che capitano nella vita di un imprenditore. Il personaggio aveva l’eloquio fluente che di tanto in tanto tradiva con naturalezza le origini autenticamente lombarde. Le battute in dialetto gli uscivano dall’anima e come fiotti di lambrusco si riversavano sulla platea. Che poteva essere una ristretta compagnia di amici radunata attorno a un piatto di risotto o una distesa di personalità lionistiche convocate per il battesimo di un libro. Uno dei cento, duecento dedicati ai nostri paesi e alla loro vicenda secolare. Preziosi frammenti che prima o poi, se qualcuno ne capirà la fondamentale importanza ai fini di una storia completa di queste contrade, dovranno formare un mosaico. Unico e irripetibile perché su Internet c’è tutto ormai, ma difficilmente i naviganti della Rete troveranno le piccole cronache di Arsago Seprio, Comerio, Induno Olona, Caravate che giacevano negli archivi di comuni e parrocchie. Quando si raccontava, Nicolini, classe 1936, parlava sempre di un prete, don Cesare Ossola, che, giovanissimo, gli aveva insegnato l’importanza dell’istruzione. Non poteva immaginare che un giorno i libri li avrebbe stampati lui prima in una bottega a Besozzo, poi nella cantina di una villetta ai margini della nord-lacuale tra Voltorre e Oltrona al lago, infine nella nuova fabbrica di Gavirate che da lontano sembra un’astronave. Faceva tutto in casa: dall’impaginazione, alla stampa, alla cura meticolosa delle immagini. Un bravo proto, Renzo, un abile art director, di tanto in tanto un coordinatore editoriale. Qualche volta usciva dal seminato arruolando scrittori che gli proponevano biografie di personaggi o saggi sulle vicende locali. Toccò anche a me e ricordo la sua soddisfazione per “Questa è la storia”, un diario di fatti e misfatti accaduti dalle nostre parti tra gli anni ‘70 e ‘80 che si fregiò di un’appassionata prefazione di Giovanni Spadolini e di una postfazione di Luigi Ambrosoli. E poi “Felice Rusconi, la carriera di un magutt”, introdotto da uno scritto di Piero Chiara. Il maestro mi fece questo regalo pochi mesi prima di andarsene. Rino rimaneva se stesso e coltivava i suoi interessi supremi: la famiglia, la caccia, le escursioni in montagna, le aste di quadri, le uscite a remi sul pelo dell’acqua amica. Un Gattopardo di lago.