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L’Italia e gli italiani

  • Gianni Spartà
  • 30/09/2020
  • 0

La lezione di Indro

Vorrà dire qualcosa che Venezia col cinema, Milano con la moda e col design, Genova con la nautica stiano riprendendo per mano il Paese per condurlo sulla strada del dopo Covid. Che sarà ancora lunga, intendiamoci, ma prima o poi lo porterà all’appuntamento con un domani. Ci aiuta in questo ragionamento incline alla speranza quello che diceva Indro Montanelli in una intervista televisiva rintracciabile sul web. Il maestro era pessimista per l’Italia, povera di memoria: ha una grande storia ma non si cura di conoscerla. Era ottimista per coloro che la abitano: i migliori sarti, calzolai, costruttori di bellezza, scrittori, registi. “Siamo un popolo di contemporanei- egli spiegava- senza antenati né posteri. Ma nessuno come noi brilla nei mestieri servili ed è capace di primeggiare in un calderone internazionale. Se un italiano va in Germania, diventa tedesco e s’impone con le proprie virtù. Si assimila, si integra, si trasforma, insomma se la cava e diventa padrone”. La lezione, diciamolo, calza a pennello per esorcizzare il mostro che dalla scorsa primavera ci tiene prigionieri senza metterci al muro. Ci avessero detto che, nonostante i molti errori, i nostri figli e nipoti sarebbero tornati a scuola a settembre, i cinematografi avrebbero riaperto, le avanguardie dell’economia nazionale sarebbero tornate in pista, non ci avremmo creduto. E invece i più importanti eventi di caratura mondiale si sono svolti e si stanno svolgendo in un clima che solo con la straordinaria forza di un individualismo genetico potevano materializzarsi. Parliamo dell’asse meglio attrezzato, di città del Nord, in primo piano il capoluogo lombardo, che hanno in seno energie di carattere oltre che di potenza economia. Parliamo di arte applicata all’impresa in senso lato. Ma anche dal Sud arrivano notizie confortanti nel campo del terziario: Sicilia, Campania e Puglia hanno registrato in estate buoni risultati al botteghino. Gli italiani, usando il verbo di Montanelli, se la sono cavata nel peggior momento della storia dopo la fine della guerra. E l’Italia? Qui l’handicap resta immutato pensando alle lacune di una classe dirigente che annaspa (non c’entrano ormai ridicole differenze politiche tra destra e sinistra) e che difficilmente, per carenza di personalità illuminate e di idee rigeneranti, riuscirà a intercettare la via non della ripresa, della svolta. Impera la mediocrazia, più insidiosa dell’asfissiante burocrazia. Non si vede chi possa trovare la via del gol se il gioco ristagna a centro campo con la soddisfazione per aver tagliato il numero di parlamentari. Un regalo che questi mesi tremendi potrebbero lasciarsi è il recupero, dopo tante baruffe chiozzotte, del peso delle parole da dire. E delle competenze di cui potersi fidare. Là fuori c’è una montagna di miliardi di euro da utilizzare per le future generazioni. Vale per l’Italia e per i suoi partner europei: smettiamola di considerarci gli ultimi della classe, quando l’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che siamo stati bravi. Sicuramente migliori di chi afferma che siamo un popolo di pecoroni, mentre gli inglesi sono campioni di libertà. Si è inalberato pure Mattarella, solitamente a schiuma frenata. Ora, il tesoro europeo può essere speso in due modi. Con la solita tattica dell’indennizzo ai privati che hanno subito perdite, magari spargendo quei denari a mo’ di mance alle varie categorie. Oppure prendendo di petto la suprema questione dei nuovi stili di vita e dei nuovi mercati. Sempre là fuori c’è un pianeta che ci avverte di non farcela più ad andare avanti. Non parla, il pianeta, come possono fare gli scienziati. Si limita a mostrarci i guasti dei propri equilibri che probabilmente- non potremo dimostrarlo mai- sono all’origine della seconda o terza pandemia nel nuovo millennio. Fanno bene i media internazionali a diffondere in rete, affinché siano ripresi dai telegiornali, immagini di iceberg in disfacimento per l’inesorabile surriscaldamento della Terra e notizie sulla progressiva riduzione della biodiversità. Ma se questi temi non li rilancia nessun leader, se il problema continuerà a essere chi si spartirà le spoglie dei Cinque Stelle, il nuovo assetto di vertice della Lega, il divisionismo endemico dei Dem, non cambieremo strategia come impone l’annuncio che, passato il Covid, i morti nel mondo saranno decine di milioni. I segnali della Natura strozzata dall’Uomo si vedono anche a occhio nudo nelle nostre città: aquile volano sul Duomo di Milano, volpi schizzano sotto Palazzo Vecchio a Firenze, delfini sostano come in una piscina tra Scilla e Cariddi, incapaci di una rotta. L’indifferenza la pagheremo.  

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