Blog



Nero a metà

  • Gianni Spartà
  • 20/10/2020
  • 0

Economia sommersa per 211 miliardi

Il colore del momento è il verde: speranza. Quello di sempre il nero: evasione fiscale. Ci si può mettere davanti un meno apprendendo dall’Istat che il fenomeno è in leggero calo. Ma i 211  miliardi di euro sottratti alla mannaia tributaria  rappresentano una cifra di poco al di sotto di quello che ci promette l’Europa per sopperire ai guasti della bestiaccia: sì, la pandemia di altri contagi, nuovi morti, ulteriori limitazioni al nostro vivere senza limiti e confini. L’economia sommersa, che comprende prevalentemente sotto-fatturazioni e uso di manodopera irregolare ma anche  affitti invisibili, ammonta a 192 miliardi di euro. Le attività illegali a circa 19 miliardi: droga, contrabbando, prostituzione, pane quotidiano del crimine organizzato. Tradotto: mafie e altre confraternite. Qualcosa di nuovo? Niente. Qualcosa che prima o poi si prosciugherà come l’acqua di un lago senza affluenti durante una stagione siccitosa? Mai. Fino a quando avremo un fisco cannibale che si mangia il quaranta per cento di ciò che entra in una famiglia, il nero risulta persino simpatico. Per chi se lo può permettere. Simpatico e inevitabile. Parlavo giorni fa con un pizzaiolo che mantiene sedici inservienti. Si è messo al tavolo con una matita e ha buttato giù quattro numeri. Se dovesse pagare tutto, dall’Irpef all’Iva, gli converrebbe chiudere bottega e andarsene al mare. Ha quasi sessant’anni, lui, i suoi dipendenti tra i venticinque e i quaranta. Nei primi anni della carriera, questo giornale pubblicava soavemente i tabulati di quello che allora si chiamava ufficio delle imposte dirette. I più poveri erano imprenditori, orefici, liberi professionisti. I più ricchi lavoratori a busta-paga. Regolarmente si sollevava il pandemonio. Oggi per la legge sulla privacy la polvere resta nascosta sotto il tappeto. Ma l’istituto nazionale di statistica può rendere note le medie per categorie e ciò è sufficiente a capire che la musica non è cambiata. C’è qualcuno che se la sente di strapparsi le vesti e di cacciare i mercanti dal tempio? Lo faccia. Due giorni di sdegno popolare e poi le acque del mar Rosso si richiuderanno lasciando il posto a giustificazioni e alibi. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri se l’è cavata con una parabola: oggi no, domani forse, ma dopodomani certamente. Come la rivoluzione marxista dei Sessantottini. Le tasse non aumenteranno ma si ridurranno attraverso l’estensione annuale del calo del cuneo fiscale. Ciliegina sulla torta: vantaggi per il Sud. Già questi due elementi determineranno un diminuzione delle tasse. Boh! La comunicazione è stata letta a deputati e senatori in Parlamento. Ma nessuno ha fatto caso all’autorevolezza della platea. D’altra parte lo vedemmo tutti Silvio Berlusconi venticinque anni fa firmare un contratto con gli italiani sotto gli occhi del notaio Bruno Vespa a Porta a Porta. C’era scritto in quel documento solenne che le aliquote, cioè le misure delle trattenute, sarebbero state tre a partire dal minimo sindacale del 23 per cento. Come pretendere di non pagare nulla se poi vai in ospedale e te la cavi con un ticket? Riforma annunciata, riproposta, definitivamente congelata. E con l’aria che tira nel mondo sarebbe sciocco avere ora quanto non si ottenne prima della nuova peste. Poi venne Mario Monti e alla chetichella introdusse una mini patrimoniale su conti bancari e titoli perché -argomentò- lo Stato era alla canna del gas. Infine arrivò Renzi che diede una mancia di ottanta euro annuali ai meno abbienti. Ma quando scocca il tax-day ti accorgi che fino a giugno il contribuente medio ha lavorato senza incassare per sé. La verità è che il Paese galleggia sul nero e fino a qui non è annegato proprio perché sottrae una fetta di guadagno alle fauci dell’erario. Fauci fameliche in cambio di un welfare discreto, guardando il bicchiere mezzo pieno. Nero a metà, considerando la diminuente della legittima difesa contro l’ingordigia.A proposito di patrimoniale, se l’andazzo resta quello del maledetto 2020, anno bisestile, essa sta vigile alla porta come i postini di Amazon. Incombe, per ragioni di bilancio, un bis di quanto fece notte tempo il governo Amato prendendosi il sei per mille sui depositi dei risparmiatori. E questa volta potrebbe toccare agli immobili. Pensierino finale: le tasse erano le mogli dei tassi per i cumenda degli anni ’60. Ma allora nella maggior parte dei casi i trenta denari nascosti al fisco restavano in Italia, eccezion fatta per la Svizzera dalle nostre parti. Oggi finiscono alle Bahamas e se restano in patria alimentano un sistema produttivo controllato dai mandarini cinesi.      

Aggiungi Commento

Nome
Email
Testo Commento (evidenzia per modificare)

(0) Commenti