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Col Vate per sempre

  • Gianni Spartà
  • 15/06/2021
  • 0

Gervaso al Vittoriale

Un giorno di primavera del 2015 a Villa Recalcati, Roberto Gervaso diede spettacolo come può farlo uno scrittore di lungo corso, uno strepitoso affabulatore, uno che la sapeva lunga e la raccontava meglio. Cominciò con elogiare Varese che conosceva bene dai tempi in cui ci veniva a presentare i libri sulla Storia d’Italia scritti con Indro Montanelli, di cui i maligni dicevano fosse suo padre. Finì inevitabilmente col rievocare i suoi amori libertini, alcuni dei quali - diceva lui - consumati proditoriamente in qualche lussuoso albergo della città e tutti pensarono al Palace. La platea si scompisciava, l’istrione capiva che pur rispettando lo storico, lo specialista di aforismi geniali, erano quelle storie proibite a entusiasmare la gente. Perché a narrarle era  un gran filibustiere della penna autore della biografia di Cagliostro e ammiratore geloso di quella su Casanova scritta dall’amico Piero Chiara. Ma chi era l’ineffabile Gervaso, scomparso un anno fa, il 2 giugno, festa della Repubblica, e in procinto di ricevere un onore esclusivo: la collocazione delle sue ceneri in una cappella del Vittoriale di Gabriele D’annunzio a Gardone? Era un viveur double face, esplosivo fuori, malinconico dentro, baciato dalla fortuna di una scrittura affascinante e perseguitato dal  male oscuro. Anni prima s’era tolto la maschera di indomabile narciso e di eccentrico indossatore di cravatte a farfalla e s’era spogliato nudo davanti al lettore. Non l’aveva mai fatto, forse temendo di graffiare l’icona del personaggio. Lo fece raccontando in un  libro d’essere stato morsicato da un “cane nero”: si era ammalato di depressione come Indro Montanelli, maestro e amico fraterno, aveva sofferto molto, alla fine il quadrupede era stato ucciso ed ecco il bisogno di dare vita alla spogliarello letterario. Utile a se stesso, terapeutico per altri malcapitati. Guarì Gervaso e lo si vide nell’ultimo libro che ci regalò (“Le cose come stanno”) sul traguardo degli 80 anni. Che affermava di portare malissimo, elencando tutti gli acciacchi del mondo al cospetto delle moglie, bella, intelligente,  molto più giovane, palermitana paziente e consapevole che gli uomini vanno lasciati parlare. Si chiama Vittoria ed è stata lei l’artefice della traslazione dei resti del marito in quel luogo magico, un simbolo del Novecento, il secolo, soprattutto la prima parte, cui Gervaso ha dedicato centinaia di ritratti. Tra i quali quello del Vate, Gabriele D’annunzio, e della, sua preferita Eleonora Duse. Nella rubrica Periscopio “Italia oggi” continua a pubblicare di tanto aforismi di Gervaso. Ecco gli ultimi: “E’ difficile dire la verità quando la menzogna è più suggestiva”; “Se dopo la mia morte parleranno ancora di me, mi sentirò quasi vivo”. Al Maestro debbo la prefazione a un mio libro “Tutta un’altra storia” che egli si prestò a presentare a Varese davanti a una platea affollata di vip suoi ammiratori. Ricordo tra i tanti Rosita Missoni, Alfredo e Lellla  Ambrosetti, Daniela Bramati, editrice dellla Prealpina, il  giornale di Varese. Grazie ancora Roberto. Dal 19 giugno riposerai accanto a Gabriele D’Annunzio, l’unico al quale potrai confidare che nella vita terrena eri lo stravagante titolare di questa mail: gervasodanotte@…  

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