Cavalli e scuderie
- Gianni Spartà
- 12/07/2021
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Amici a Roma, rivali a Varese
Pomeriggio di pioggia, quattro passi e due stampelle in centro con colui che pareva averla scampata e invece ripiomba al punto di partenza come nel gioco dell’oca. Tocca a lui. Complimenti: lo considerano degno di un Roberto Maroni. Auguri: torni presto a camminare sulle sue gambe, il resto non sarà facile e lui onorevolmente lo sa. Parte in svantaggio il deputato Matteo Bianchi rispetto a un re da tempo sul trono territoriale, ma a 42 anni e con quella faccia un po’ così, tra lo scaltro e il malinconico, si può recuperare. Il problema è la compagnia : inscenando una X-Factor da oratorio feriale per candidare un sindaco il centrodestra è apparso bollito. Più del centrosinistra, che è tutto dire. Fortunatamente da qualche tempo contano i cavalli non le scuderie . E questa regola, vedrete, guiderà le elezioni comunali a Varese: città diffidente, nemica del chiasso, incline a sottrarre anziché ad aggiungere per non pagare dazio, dicevano gli avi. Quando voleva far arrabbiare i suoi concittadini, Piero Chiara citava un motto di Carlo Dossi: “A Vares tutt cala de pes”. E se voleva distruggerli aggiungeva: sta Federico imperatore in Como, non a Varese, fatevene una ragione. Bene: come si sfideranno Davide Galimberti, detentore del titolo, e Matteo Bianchi, che glielo vorrebbe soffiare? Come fanno due figli anagrafici dell’edonismo reaganiano, di buona famiglia entrambi, composti, educati. Matteo, che il sindaco l’ha fatto a Morazzone, è il primo leghista che non dovrà spararle grosse - indipendenza della Padania, secessione, prima il Nord, razza bianca - anche se questo potrebbe nuocergli. Dovrà fare i conti con gli appetiti degli alleati e soprattutto dei civici: ne spunta uno ogni giorno. Davide è un flemmatico pragmatico. Può risultare empatico o no a prima vista, certamente è intelligente e ha fatto tre cose: smosso una città incartapecorita per progetti mai partiti , tenuto a bada i voraci fantolini in politica e negli affari, rispettato i sancta sanctorum della città che vanno dalla bocciofila bosina a lobby, caste, arti, mestieri. Ha tempo per valutare quanto gli convenga infilarsi nel manicomio a Cinque Stelle che sembra voler scongiurare il suicidio avendo connvito Grillo ad accettare Conte. Morale: tra Bianchi e Galimberti gara all’insegna del moderato andante con moto. Più Giorgetti che Salvini per il primo, non sapremmo quale padrino nazionale citare per il secondo che in cinque anni si è rivelato ecumenico come un monsignore. Ricordo solo un suo invito al sindaco di Milano Giuseppe Sala, che parlò nel Salone Estense, quasi a voler promuovere un asse confronto tra la grande Milano e la troppo piccola Varese. D’altra parte non dimentichiamo l’innaturalità della sfida tra esponenti di partiti che a Roma si fanno i salamelecchi, sennò Draghi li incenerisce e gli nega i soldi del Recovery, e nei Comuni devono apparire rivali. Auspicio a nome di un territorio privilegiato da madre natura, meravigliosamente seduto sulle sue colline, nel cuore di milanesi, tedeschi, olandesi, australiani che vengono qui a vivere bene: chiunque farà il sindaco a Varese, Gallarate, Busto sappia che in prospettiva avremo un bis della migrazione anagrafica da Milano troppo affollata e troppo cara. Occhi ai nostri pubblici servizi: sanità, tribunali, uffici, trasporti. Non devono perdere quota, possibilmente recuperarne. Preghiera a Galimberti e Bianchi, che in ogni caso sarebbero un bel ticket trasversale: per favore risparmiateci lo spettacolo delle puntuali dimissioni o sconfessioni di assessori alla Cultura a Palazzo Estense: Giuseppe Armocida, Enrico Baj, Roberto Cecchi. Meglio apparire rozzi e rinunciare a una nomina, che arruolare cavalli di razza e farli azzoppare dopo quattro corse