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L’Arcangelo del Verbano

  • Gianni Spartà
  • 07/02/2022
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Albertini amarcord

«Quanti ricordi legati al Lago Maggiore. La mia infanzia, la gioventù, i giri in barca a bordo di un gozzo chiamato "Don Orione". E poi la casa di Portovaltravaglia, sempre piena di amici, di parenti. E poi il primo amore che non si scorda mai: la figlia del farmacista». Nel suo ufficio a Palazzo Marino, accanto alla Lettera 22 di Indro Montanelli, dono del maestro alla città di Milano, il sindaco Gabriele Albertini si lasciò andare nella primavera del 2005. E forse per la prima volta parlò di un amore coltivato, non nella metropoli affumicata dallo smog, ma sulle rive del Verbano, sponda lombarda, dove con la famiglia trascorreva le vacanze. Non solo: spiegò che le riunioni più importanti all’inizio dei suoi due mandati di sindaco le tenne nel Varesotto, terra alla quale si sente ancora legatissimo. Albertini sempreverde, ci piace chiamarlo l’Arcangelo G,  ha appena pubblicato un libro che ha un tema politico: il suo disegno di legge dei tempi in cui era europarlamentare per far sì che gli innocenti siano risarciti. Racconta  un suo duello con un magistrato della Procura di Milano ora in pensione, ma  il conflitto d’interesse sfuma nella infinità di casi in cui a un cittadino capita di essere inquisito e poi assolto senza che lo Stato gli dia un euro. E tuttavia c’è ben altro nel volume scritto con Sergio Rotondo come si evince dal titolo: “Rivoglio la mia Milano. Il sindaco si rimette i pantaloni”. Già quei pantaloni che mister Gabriele si tolse una volta presentandosi in mutande a un programma televisivo. Nessuno ha dimenticato la scena, a distanza di tempo, perché c’è differenza tra il monokini lampone di un’olgettina e i boxer grigi di un notabile, per giunta primo cittadino di una metropoli. Teo Teocoli ci ha campato dieci anni.  Pensavano di averle provate tutte i milanesi abituati agli eccessi di Marco Formentini, mascella squadrata, ghigno da coccocrillo, la moglie Augusta presentata come la first sciura. Ma un giorno s’imbatterono in un industriale che, eletto sindaco per due mandati, come Napolitano e Mattarella al Colle, ebbe in sorte di inaugurare la nuova Scala e la nuova Fiera. A chi potrà mai capitare un’altra doppietta così? Gabriele Albertini diceva: sono uno prestato alla politica e la performance nude-look parve una trovata per non prendersi troppo sul serio. Il prestito durò due lustri e l’attore di razza non ha mai lasciato la scena come dimostra questo suo terzo libro e quel che accadde nel 2011 quando  Letizia Moratti tentò il bis a Palazzo Marino. Lui la chiamava “la fata”. Non le voleva bene per vecchie ruggini, ma con gesuitica devozione e per amore di “Zeus” Berlusconi la sostenne nelle ultime settimane di campagna elettorale senza riuscire a sottrarla al suo destino. Vinse Giuliano Pisapia. Oggi l’Arcangelo G è un libero pensatore. Quando lo intervistano spacca, quando gli fanno domande di politica c’è caso che riesca a dare il meglio di sé con le imitazioni: quella di Giovanni Agnelli è un capolavoro. Ma il cuore è sempre lì, tra le onde del Lago Maggiore come se la sua vita fosse un racconto di Piero Chiara.    

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