Varese tra canguri e sceicchi
- Gianni Spartà
- 24/10/2019
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Non è facile capire a caldo che cosa abbiano in mente gli australiani
sbarcati a Varese con tanto di ambasciatore
per ispezionare lo stadio, il velodromo, il palaghiaccio e il
palazzetto. Non avevano
l’aria di turisti, ma di uomini d’affari pronti a investire milionate di
dollari tra Masnago e la zona dell’ippodromo. A freddo si possono fare
alcune
considerazioni: la comitiva conosce molto bene questo territorio bello e
strategico. A due passi c’è
la Svizzera, a quattro un aeroporto dal quale si vola in tutto il mondo:
siamo
a 27 milioni di passeggeri, erano 5,9 milioni nel 1998. La conoscenza
risale a quando
Melbourne scelse Gavirate, nell’altro capo del pianeta, per costruirvi
il circo
degli allenamenti dei suoi gladiatori: canottieri e ciclisti. Qui c’è un
lago ideale
per la voga d’estate e d’inverno, in lungo e in largo. Qui ci sono le
salite
giuste, immerse in un paradiso naturale, per temprare fiato e gambe.
Oltre
tutto nella patria di due campionissimi, Binda e Ganna. Il passa parola,
evidentemente, ha funzionato. Rimane il più formidabile veicolo di
marketing, alla faccia di internet.
Ma se allarghiamo lo sguardo, contemplando le missioni economiche che
gli sceicchi del Qatar, i
petrolieri del Kuwait, i mandarini della Cina svolgono da mesi alle
nostre
latitudini, avendo come punto di riferimento la Camera di commercio, beh
le riflessioni
sono anche altre. Dovremmo smettere di piangerci addosso, di infilarci
nel cilicio
prima d’addormentarci, di osservare la realtà con la lente mai sincera
della
politica e di alcune corporazioni. E dovremmo rivalutare l’intelligenza
profetica di capitani d’azienda che, con i mezzi scarsi della prima metà
del
‘900, capirono come industria e sport, affari e territorio, profitti
finanziari
e dividendi esistenziali, potessero camminare a braccetto. Pane e gioco,
l’invenzione della Roma dei Cesari. Cominciarono i pionieri
del volo, quando gli idrovolanti erano anche spettacolo agonistico, poi
arrivò
Giovanni Borghi: Davanti alla sua fabbrica di frigoriferi edificò una
piscina
olimpionica al centro di un villaggio abitato da pugili, ciclisti,
calciatori e
cestiti. Non è che agli australiani potrebbe interessare anche questo
bendidio
lasciato vuoto dalla Whirlpool a Comerio? Ce lo siamo chiesti giorni fa a
Villa
Ponti mentre quel gran signore di Alfredo Ambrosetti affidava a un
amarcord
incentrato sui campionissimi della leggendaria Ignis un messaggio che
vogliamo
interpretare così: cara Varese cambia registro, rallegrati del tuo
passato e
costruiscici sopra il futuro. Ti ha voluto bene il Creatore pennellando
laghi e
colline, eserciti signoria su eredità di personaggi illuminati, non ti
lamentare sempre e non pensare sempre male. Soggetti che arrivano da
Melbourne per
fare acquisti qui non invadono, non depredano, non deprimono, al
contrario
valorizzano una storia che continua a essere maestra. C’è urgenza di
vaccinarsi
contro il virus di una decadenza proclamata a parole, smentita dai
fatti. Là
fuori c’è un mondo che gira. Il Milan non è più Berlusconi, l’Inter di
Moratti:
dice niente? E’ vero: Varese ha uno stadio malconcio e non ha più il
calcio. Ha
ancora la pallacanestro finanziata da un’azienda quotata in Borsa
(Openjobmetis), non più dai capitali di una famiglia. Lo stesso sponsor
tiene
in piedi il teatro. E’ vero: nel comparto opere pubbliche abbiamo
accumulato
ritardi e tanti costruttori privati sono falliti. Ed è vero e doloroso
che abbiamo
35.000 lavoratori in mobilità: per l’occupazione è dura anche qui. Ma
poi arriva
una corazzata multinazionale, la Continental, e si compra un gioiello
come la
Merlett di Daverio. Poi compare un fondo degli Emirati arabi e annuncia
che gli
interessa fare shopping (fabbriche, ville d’epoca) in una provincia con
un pil
di 24 miliardi nel 2018, più 4,3% rispetto all’anno prima, un export di
10 e
mezzo, una liquidità spaventosa nelle banche. Infine ci viene a trovare
Linea
Verde che su Rai1 ha appena dedicato un reportage di 54 minuti alle
nostre
meraviglie: il volo a vela, i parchi tra i quali spicca un giardino zen,
alcune
aziende della green economy, la cicca della prima scuola ecosostenibile,
cioè
costruita secondo il vangelo di Greta. Morale: petto in fuori e pancia
in
dentro. Quella sì, la pancia, potrebbe giocarci un brutto scherzo: se è
piena
rischia di fiaccare autostima e orgoglio. Comunque niente di nuovo sulle
inclinazioni nostrane al piagnisteo. Quando lo raccontava, Piero Chiara
citava un motto di Carlo Dossi che
era un esponente della Scapigliatura lombarda: “A Vares tutt cala de
pes”. Il
carattere della gente di qui è tale da sottrarre anziché aggiungere, da
nascondere anziché ostentare, da prediligere il silenzio. Alle nuove
generazioni il compito di fare un po’ di sano chiasso.