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La fiammella di Ustica

  • Gianni Spartà
  • 01/07/2023
  • 0

Nessuna verità

Sono rimasti i familiari dei morti, non tutti. E sono rimaste le “Luci per Ustica”, 81 candeline che si accendono e si spengono nel Museo per la memoria di Bologna. Ottantuno: il numero delle vittime di una strage mai spiegata  agli italiani, quella del Dc9 precipitato nel mare di Palermo 43 anni fa. E’ stato abbattuto da un missile o da una bomba a bordo? Montagne di carte, migliaia di testimonianze e rogatorie, tracce evidenti di depistaggi, nessuna sentenza chiara e inequivocabile. Ma le luci diventano 82 se vi si aggiunge la fiammella evocata a fil di voce da Giuseppe Zamberletti poche ore prima di morire in un letto d’ospedale a Varese, l’inverno del 2019: “Tenete viva la fiammella”, disse. “E’ andata come dicevo io e la verità salterà fuori. In privato il giudice Priore non mi dava torto”. L’invito estremo fu raccolto da alte cariche dello stato al capezzale del morente. Qual sia questa “verità” è risaputo: fu una bomba piazzata nella toilette posteriore a spezzare in due l’aereo. Del terrorismo libico la firma: quell’estate maledetta, funestata anche dalla strage alla stazione di Bologna, ce l’aveva con l’Italia per essere stato spodestato del controllo dei giacimenti petroliferi davanti a Malta. Stampata nella memoria collettiva ci sono tutti i rottami del Dc9, proprio tutti, ripescati una profondità di 3500 metri e  ricomposti sotto un hangar della base di Pratica di Mare. A guardarli oggi appaiono come un monumento all’impotenza. E di mezzo non c’è solo l’Italia con i suoi caduti, ma l’intera comunità internazionale per una tragedia avvenuta in un teatro sensibile del Patto atlantico. Si è arrivati a gravi sospetti su interferenze di diversi servizi segreti, non a squarciare la spessa coltre del mistero. Non un semplice velo. Con tutte le sue forze, anche con un libro dal titolo inquietante, La minaccia e la vendetta, Giuseppe Zamberletti ha sostenuto e spiegato la tesi della bomba a bordo, ottenendo spazio sui giornali europei e americani. Lo ha fatto con le sue entrature nelle retrovie ministeriali, ma anche con l’aiuto di un personaggio stimato e insospettabile: l’ingegnere tradatese Ermanno Bazzocchi, celebre progettista dell’aereo delle Frecce Tricolori e padre riconosciuto del volo moderno. Egli ha lasciato il suo segno scomodo in un dossier di mille pagine (una perizia di parte), nelle carte del giudice. Atto terroristico, non azione di guerra, la causa della strage. Prove: lamiere slabbrate verso l’esterno, fenomeno tipico dell’esplosione avvenuta sull’aereo; poppino di coda, scaletta e vano portabagagli, ammarati a notevole distanza dal resto della cabina; schiacciamento del tubo che spruzza il liquido disinfettante nel water; deformazione delle condotte dell’aria condizionata. Ancora prove: non sono stati mai trovati frammenti della fantomatica testata di missile che quando tocca il bersaglio si scompone in più di settecento pezzi. Un altro personaggio fuori dal coro fu l’esperto britannico Frank Taylor conosciuto come il “mago di Lockerbie” per aver svelato la matrice libica dell’attentato al jumbo della Pan America, dicembre del 1988. Con altri undici periti, Taylor firmò un rapporto di 1280 pagine presentato a Roma nel 1993 a un forum  organizzato dalla Cnn. E il passo centrale è il seguente: “Non mi interessano quanti aerei c’erano o avrebbero potuto esserci nelle vicinanze del Dc9 perché una collisione non avrebbe provocato il danno trovato nell’area della toilette posteriore”. A margine del convegno una spruzzata sarcasmo inglese: “A parecchi anni dal completamento dell’indagine tecnica, la tesi dell’esplosione interna regge ancora e benché seriamente non contestata, mai è stata accettata da tutte le parti in causa. Le ragioni non sono note, ma si ritiene non siano di natura tecnica”. Morale: dopo 43 anni uno scenario di stampo letterario e spionistico. Più in alto il sospetto di un sostegno non disinteressato a far prevalere l’ipotesi del missile: alla voce indennizzi per gli eredi delle vittime, una strage provocata da attacco bellico vale dieci volte  quella causata da attentato.  

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