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La versione di Mister R

  • Gianni Spartà
  • 23/12/2023
  • 0

Uninsubria 25 anni

Autore di monumentali trattati di chirurgia, solito, per hobby, a pubblicare libri di storia dell’arte e di pesca alla mosca, Renzo Dionigi ha scritto per Macchione Editore “L’Università dell’Insubria”. Sono un centinaio di pagine, veloci, incisive, piccate sui venticinque anni dell’ateneo (del quale egli è stato rettore per quattordici) e su chi può “vantarsi” d’averlo costruito, chi no . Le ho lette da modesto testimone di un lungo travaglio terminato col parto gemellare di una creatura varesina e comasca, un po’ amata un po’ boicottata da chi la doveva aiutare a crescere nelle pance di due mamme: in primis l’università di Pavia, in seconda battuta quella di Milano. Dalle quali tra gli anni ’70 e ’90 gemmarono corsi pareggiati come s’usava fare in tutta Italia per decongestionare le università affollate. Ne ho tratto la conferma che chiunque si volesse addentrare nella selva oscura delle vicende accademiche avrebbe bisogno di una lampada magica capace di illuminarne le esoteriche vie. Soprattutto quando queste sono ancora incise nella contemporaneità e non nelle storia. Le note di Dionigi portano i segni di giustificato autocompiacimento per il felice esito della Spedizione Insubria, ma anche le tracce di baratri nei quali il progetto ha rischiato più volte  d’affossarsi. Nella lunga partita per la conquista dell’autonomia, infatti, c’è stato spesso qualcuno che al momento fare gol gettava la palla in tribuna. Quanti bastoni tra le ruote, quanti ostacoli prevedibili, imprevisti, grotteschi. Ad esempio le rivalità celtico-longobarde tra Varese e Como: ci sono ancora e finiscono in tribunale. Ad esempio lo farsa della Caserma Garibaldi promessa da Palazzo Estense alla nascente università per i suoi bisogni. Peccato che lo storico bastione non fosse suo. Apparteneva al Demanio. Ad esempio la guerra sotterranea tra le autorità accademiche di Pavia e di Milano che nelle pubbliche manifestazioni s’abbracciavano e dietro le quinte si sparavano addosso. I pavesi scrutavano con sospetto le mosse del rettore della Statale Paolo Mantegazza, varesino. Paventavano un beffardo sorpasso milanese nella gara a intestarsi il padrinaggio del nuovo ateneo. Ma Dionigi racconta che Pavia dovette guardarsi principalmente da se stessa. Il preside Egidio Romero, prima facoltà di Medicina, andava dicendo: “Questa storia della gemmazione varesina è una architettura  del Gatto e della Volpe: se passa ci sarà da pentirsi. Guasto irreparabile”.  Il Gatto e la Volpe erano, al secolo, Renzo Dionigi e Paolo Cherubino. Il primo definito da Romero ”l’Amerikano”, il secondo “il figlio del Rosso” per il colore dei capelli del preside Mario che col rettore dell’epoca Antonio Fornari ebbe un innegabile ruolo nello sbarco pavese a Varese. Come innegabile è stato il marchio che Renzo e Paolo, coppia di ferro attaccata da ruggini passeggere, hanno impresso sul venticinquennale dell’Insubria, insieme con altri bravi docenti rimasti immeritatamente nell’ombra. I due avevano la mano felice nelle sale chirurgiche e ottime relazioni ovunque. Entrambi hanno operato a Varese un presidente Repubblica, Francesco Cossiga, che della città prealpina si sentiva residente sanitario. Un bel raggio di luce sulla sua università e sul suo ospedale che ha compiuto 850 anni. Molti si sono proclamati “ideatori e artefici dell’insediamento accademico”, ammicca Dionigi nelle sue pagine. E tuttavia il vero “fondatore” fu il ministro Luigi Berlinguer che nel 1998, per chiudere una querelle infinita in pericolo di finire male, s’inventò l’ateneo a due punte. Né Varese né Como, da sole, avrebbero ottenuto la promozione accademica per difetto di massa critica, direbbero gli economisti. Insieme sì. E nacque l’Insubria, che i comaschi volevano chiamare Università dei Laghi come l’autostrada. Qui ci fu il guizzo da storico di Dionigi, che il ministrò approvò. Berlinguer è morto lo scorso primo novembre. In via Ravasi, dove siede il rettorato, non hanno fatto una piega, nemmeno con un necrologio. Dimenticanza alla quale porre rimedio.

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