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L’Europa incompiuta

  • Gianni Spartà
  • 12/09/2024
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Se c’è un nido di imperturbabili di aquile europeiste, questo è il Forum di Cernobbio che ha festeggiato mezzo secolo regalandosi la visita dell’uomo del momento, Volodymy Zelensky. Ma sulla dotta tribuna di tifosi della Ue, tutti di gran nome, sono calati due terribili colpi di spada. Il primo di Sergio Mattarella che considera gli Stati Uniti d’Europa un edificio incompiuto: lasciandolo così non reggerà agli eventi di questo tempo.  Il secondo di Giorgia Meloni, più esplicito: nel 1990 l’Europa pesava il 26 per cento del pil globale con dodici bandiere, oggi con ventisette contabilizza il 16 per cento, dieci punti in meno. Vuol dire che qualcosa non funziona. Un qualcosa che i cittadini ancora percepiscono solo come un inutile gigantesco burosauro tenuto in piedi dalla moneta unica. Ma se fosse vero la colpa non sarebbe da ascrivere agli stati membri, non a fantasiosi poteri oscuri. Criticare cose che hai contribuito a costruire non è accettabile. E q uanto all’eccesso di burocrazia soffocante, costosa, inconcludente, da Roma non possono certo arrivare lezioni. Salutari dunque le osservazioni di un capo dello stato e di una premier in una platea di imprenditori per i quali l’Europa senza dazi è pane sicuro e a classi dirigenti da responsabilizzare davanti a un rischio: se resteremo nani mentre crescono a dismisura competitor come Cina, India, Emirati il cielo del vecchio continente si fa scuro. C’è l’America alla vigilia di un evento che può modificare i rapporti con noi europei. Se da Washington dovesse sganciarci sapremmo fare da soli, ad esempio nel settore della difesa? Giorgia Meloni ha risposo “non lo so”. Onesta. Nella storia del Forum di Cernobbio resta indelebile l’eco di parole pronunciate da Joseph Ratzinger, allora cardinale, testimone privilegiato della caduta del Muro a Berlino. Cioè dell’inizio di una concreta integrazione europea. La sua predica lasciò di stucco la platea di Villa d’Este per due motivi: tre giorni dopo, era l’11 settembre del 2001, Bin Laden avrebbe messo sotto attacco, non solo l’America, ma la civiltà occidentale intera, sbriciolando le Torri Gemelle. E il predicatore di lì a poco sarebbe diventato Papa. Eccole in sintesi le sue profezie: l’Europa di carta moneta corre il rischio di essere perdente sui mercati e nelle chiese; l’Europa non governata sarà costretta a svendere la sua storia; l’Europa non si costruisce con la protervia di uomini di parte né con alleanze militari, ma facendo valere un primato di civiltà; se non riconosce l’uomo come scopo finale, se indulge a inedite oppressioni, se si separa da ogni tradizione etica, l’Europa sarà sempre figlia è di un dio minore. Ratzinger non c’è più. Gli europeisti con la Brexit e il boomerang dei nazionalismi esasperati hanno incassato cocenti sconfitte. Aggiungiamoci che quasi ovunque nelle nazioni  liberali si affermano forze e pensieri all’opposto di quelli che ispirarono il dopoguerra. Rigurgiti nazisti, sfiducia nel gioco dei pesi e contrappesi, razzismo, xenofobia, follie imperialiste dicono che la democrazia è sotto attacco e che un’Europa “incompiuta” quando si ritrova sull’uscio le devastazioni di due guerre corre il rischio di essere sbranata. Putin sarebbe così altezzoso, oltre che criminale, se guardando a Ovest verso Parigi, Berlino, Vienna, Roma avvistasse una corazzata, anziché un vascello dalla rotta mutevole? Netanyahu, altro bandito, detto non da noi ma dai suoi, si sentirebbe un invincibile samurai mentre sguazza in un crescendo di orrore, se a Bruxelles ci fosse una potenza vera?  Purtroppo non possiamo ancora dirci più europei rispetto a quando, con i trattati di Roma, un pugno di sognatori mise in cantiere l’idea di far diventare confederazione, nazioni uscite con le ossa rotte dal secondo conflitto mondiale. Abbiamo mandando al macero le monete nazionali, non si avverte ancora, sempre citando Ratzinger, quella “ponderazione di forze e di valor capace di mettere al riparo l’uso dell’uomo come materiale di esperimento per raggiungere fini diversi”. 

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