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Resta con noi Francesco

  • Gianni Spartà
  • 06/03/2025
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La vita lunga

Resta con noi Papa Francesco: ce la farai. Resta con noi Santo Padre: è il momento peggiore per ritrovarsi orfani. Resta con noi Mario Jorge Bergoglio, gesuita argentino di sangue italiano: ti presentasti in San Pietro con un sorprendente “buonasera”, oggi dà speranza l’arrivederci vergato in calce all’Angelus di domenica. Da una ventina di giorni, queste e altre invocazioni si alzano da tutto il pianeta. Vengono dai cristiani che hanno bisogno di riconoscersi in Cristo; dagli scettici che più dei credenti sono sempre alla ricerca di un dio; dagli atei che ammirano l’uomo amico degli ultimi e diffidente con le gerarchie. “Vista da qui dentro appaiono ancora più assurde le guerre”, ha detto il pontefice dal Gemelli. Figuriamoci da fuori: non ce ne solo sono due, se ne contano quasi cento e chi hai scelto il nome del Poverello d’Assisi per guidare la Chiesa lo ha ricordato incessantemente. Quando il 5 gennaio ha spalancato la porta santa del Giubileo c’è voluta tutta la speranza di un papa come lui per non indietreggiare davanti all’inferno in cui brancola il mondo del terzo millennio. L’arroganza umilia la pietà, autocratici pensano di spartirsi il bottino del potere, il sangue innocente versato anche nella Terra santa conta zero. Prevalgono le mire di conquista. Quanto cinismo, quanta vergogna. Francesco infermo come milioni di persone, sta sperimentando l’esistenza bisognosa dell’assistenza. Un tema forte, che gli è caro. Non siamo stati mai così numerosi nella storia dell’uomo, e mai più esposti al rischio di essere considerati scarto. La vecchiaia, insieme con le migrazioni, è la questione più urgente del nostro tempo. Questo papa ha più volte sottolineato che l’alleanza tra padri e figli, tra nonni e nipoti “restituisce a ciascuno l’amore per la vita lunga, sbarrando la strada all’ossessione della velocità che anziché salvarla la consuma”. La strategia comunicativa del Vaticano s’adegua ai bollettini medici che non sciolgono la prognosi e continuano a definire complessa la cartella clinica del grande malato. Non riusciamo a immaginare la parola dimissioni fino a quando le capacità cognitive di Francesco saranno integre, e lo sono state fin qui come dimostra il fatto che egli abbia pensato dall’ospedale alla beatificazione di Salvo D’Acquisto e di Bartolo Longo. Un papa venuto dopo l’addio di Ratzinger, tra l’altro senza problemi di salute, sa benissimo che farsi da parte non è più un tabù. Lo ha spiegato più volte in questi anni e fu esplicito nel 2022 di ritorno da un viaggio in Canada: “La porta delle dimissioni è aperta, è un’opzione normale, ma fino a questo momento questa porta non l’ho dovuta aprire. Dovessi essere indotto a farlo non sarebbe una catastrofe, si può cambiare Papa, non c’è problema”. Aggiunse che se accadesse, si farebbe chiamare vescovo emerito di Roma, si ritirerebbe forse in San Giovanni Laterano, non indosserebbe più l’abito bianco e non tornerebbe in Argentina. Lo stile di chi ha scelto d’abitare in Santa Marta, non nel palazzo apostolico. Quando a Bergoglio qualcuno ha fatto notare il suo incedere da tempo su una sedia a rotelle, ha risposto che “per governare ci vuole la testa, non le gambe”. In ogni caso esiste una lettera risalente all’inizio del pontificato e consegnata al segretario di Stato, in cui Bergoglio contempla le dimissioni nel caso di “impedimento medico”. Intanto è quanto mai in tema il ricordo di un incontro tra Francesco e Obama nella primavera del 2016: due americani seduti a una scrivania, circostanza senza precedenti in Vaticano. Un uomo con la pelle nera, l’altro con la veste bianca, tutti e due rappresentanti di una rivincita: dei latini del Sud, dei nativi africani al Nord. Parvero le icone di un sogno o di una utopia, la distanza annullata tra poveri e ricchi, il superamento del pregiudizio razziale. Francesco era all’inizio del pontificato, Obama alla fine della sua presidenza. Dopo di lui sarebbe arrivato Trump che ha fatto in tempo a tornare mentre Francesco è rimasto al suo posto. Chi dei due, Obama e Bergoglio, lascerà il segno più potente nella storia? Ai posteri.

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