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Il Papa sceso dal trono

  • Gianni Spartà
  • 22/04/2025
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L’addio a Francesco

Ecce Homo, ecco l’uomo. Uno si chiamava Gesù, duemila anni fa è risorto stupendo Pietro che l’aveva rinnegato prima del canto del gallo. Un altro si era dato nome Francesco, ieri mattina ha chinato il capo dopo l’ultimo faticoso respiro. Il penultimo l’aveva speso qualche ora prima all’Angelus per salutare i fedeli e mimare in qualche modo la benedizione Urbi et Orbi. Nessuno, nemmeno i medici del Gemelli, credevano possibile una resurrezione del paziente Bergoglio. Ma che la sua morte sia avvenuta a cavallo della Pasqua, rappresenta il prodigio estremo di un Papa rivoluzionario fino in fondo. Ha cambiato il linguaggio della Chiesa universale, girava nei suoi pellegrinaggi con una cartella da impiegato, ai piedi aveva scarpe contadine, piaceva ai credenti, e questo è banale, dava conforto laico ad atei e agnostici, e questo lo è molto meno. Sentiamo ripetere queste cose da ore sui media del mondo. Non sentiamo ancora nitida, ma bisbigliata dietro le quinte, la domanda su cosa succederà dopo che il camerlengo avrà pronunciato l’extra omnes chiudendo le porte della Cappella Sistina: la Chiesa universale si darà un altro Francesco, andrà avanti nel solco profondo che si lascia alle spalle un pontefice “scelto quasi alla fine del mondo” o tornerà sui passi della tradizione con un personaggio diverso: nella catechesi, nello stile, nel gesto, nella parola? Insomma: avremo un nuovo Papa più teologo che pastore o i cardinali, vincendo resistenze e fastidi trapelati in questi anni negli ambienti curiali, metabolizzeranno il modello Bergoglio rendendosi conto di non poterlo più ignorare? Dipendesse dai fedeli la risposta sarebbe una sola: vogliamo un Papa che prediliga la misericordia, uno che sappia dare risposte del tipo “chi sono io per giudicare un gay”, uno che si spenda per i poveri e gli scartati, uno capace di gesti spontanei e irrituali come quando attraversando la basilica di San Pietro andò a inginocchiarsi in un confessionale davanti a uno stupefatto sacerdote di turno. La Chiesa ha tempi e percorsi diversi, per arrivare a conclusioni storiche impiega secoli. Ogni fumata bianca però ha consegnato alla storia papi che hanno cambiato qualcosa, sono apparsi più amati dei predecessori, hanno lasciato tracce indelebili. Pensiamo a Paolo VI che non fu “santo subito”, anzi. E pensiamo al “rivoluzionario” Benedetto XVI con il suo dimettersi senza abbandonare la veste bianca che Francesco avrebbe rifiutato, in caso di necessario abbandono, insieme con il titolo di papa emerito. Lo disse lui stesso in una intervista. In queste ore lasciamo spazio alla nostalgia del pontefice che ci ha appena lasciato. Per la gente semplice Francesco è stato il Papa sceso dal trono. Ha amato la persona più dello IOR, il vangelo più della dottrina. Il primo viaggio lo ha compiuto a Lampedusa dando un segnale potente e del suo corpo ha fatto uno strumento relazionale. Quanti abbracci in piazza, mai così ripetuti, con donne, uomini, bambini. E quanto trepidare nei giorni del ricovero al Gemelli. Santo Padre resta con noi, non è il momento di lasciarci orfani: questo il tenore delle preghiere e dei rosari che si levavano da tutto il pianeta. Ci siamo illusi una settimana fa quando l’abbiamo visto in San Pietro con addosso un poncho argentino: è sempre lui, sorprendente, testardo, ce la farà a portare a compimento l’anno del Giubileo. Ce l’ha fatta solo a restare papa fino alla morte, a non rinunciare al magistero. Sull’esempio di Giovanni Paolo II (anche lui se n’è andato nel mese di aprile vent’anni fa), Bergoglio non è sceso vivo dalla croce della malattia invalidante. Serbo con emozione un ricordo personale della firma piccola piccola di Francesco sotto a una breve prefazione per il mio libro “Don Vittorione l’Africano”. Gliel’avevo chiesta con semplicità scrivendogli a Casa Sata Marta. Dopo qualche tempo, per il tramite di Andrea Tornielli, direttore editoriale della Comunicazione vaticana, mi arrivarono le sue righe nelle quali augurava ai lettori di lasciarsi “…ferire dalla testimonianza del ristoratore missionario che aveva speso la sua vita ad aiutare gli ultimi”. Grazie Santo Padre!   

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