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Totò, Alfredo , Giancaldo

  • Gianni Spartà
  • 19/08/2025
  • 0

Amarcord Nuovo Cinema Paradiso

L’ho visto, rivisto e stravisto da quando vinse l’Oscar nel 1990 commovendo Hollywood, lo rivedrei ancora specialmente quando “è uno di quei giorni che …” (Ornella Vanoni). In fondo Nuovo Cinema Paradiso è il film della malinconia. Arrivando a Giancaldo una mattina d’agosto mi è venuta voglia di gridare “la piazza è mia, la piazza è mia” come il clochard che si faceva largo tra la gente del paese, più che altro la scansava, e andava a rannicchiarsi in cima al fusto di una fontana per guardare dall’alto la fila di uomini con la coppola davanti alla sala parrocchiale, prima dello spettacolo. Quella piazza ormai racchiude un sentimento collettivo, è l’icona della magia del cinema, è la più bella poesia del maestro Giuseppe Tornatore con la colonna sonora che Ennio Morricone le ha cucito addosso. Vengono a visitarla da tutto il mondo, fanno scorta di emozioni in un piccolo museo che sulla facciata ha un’insegna al neon con gli stessi colori, azzurro, rosa e giallo, del Cinema Paradiso. Guardo il registro delle firme: giapponesi, coreani, americani, australiani, tedeschi, inglesi, italiani ovviamente. Tutti qui sulla giostra dei ricordi per il piccolo Totò e l’immenso Alfredo.In verità non siamo a Giancaldo, nome di scena, ma in un borgo medievaleche si chiama Palazzo Adriano a pochi chilometri da Bagheria.  Mille anime in una vallata dei Monti Sicani, strade di pietra bianca, due etnie in perfetta simbiosi, siciliani e albanesi di antico retaggio, per lo più operai agricoli e padroni di frantoi, fattorie e stalle: incantevole angolo di umanità.Nelle stanze del museo ci sono gli oggetti-simbolo del film : la bicicletta di Alfredo, il campanello col quale padre Adelfio sconcertato ordinava all’operatore il taglio dei baci proibiti, i manifesti pubblicitari dell’attacchino Leo Gullotta. Fuori si va alla ricerca dei luoghi del cuore: ecco la casa del piccolo Totò, il ballatoio in cui la madre vedova lo punisce perché ha dato  fuoco a pellicole arrotolate in una scatola e lei, vedova disperata, maledice il cinema e “chi gliel’ha messo in testa a questo figlio disgraziato”. Ecco il muretto dove si sedeva Alfredo, cieco dopo l’incendio nella cabina di proiezione, con accanto Totò ormai giovanotto che gli faceva domande sulla vita. Il vecchio era semianalfabeta, il cinema lo aveva ammaestrato e dunque rispondeva parafrasando dialoghi di film che conosceva a memoria. Ma negli occhi di Totò c’era solo il volto di Elena che l’aveva stregato ed era sparita. Sorpresa: la sala del Paradiso non è affatto un cinema ma la navata centrale della Chiesa del Carmine ai margini di una salita in fondo al paese. Fu sconsacrata e poi riconsacrata per consentire le riprese di Tornatore. Qui dentro l’amarcord si fa potente. Mi spiegano i segreti scenici della demolizione del Paradiso, il momento più struggente della storia. Le cariche esplodono  davvero ma sono inoffensive e riducono in polvere l’edificio in cartongesso. Un vecchio contadino spiccicato a Pasquale Spaccafico, il padrone del cinema, racconta di aver fatto la comparsa, seduto tra il pubblico con un paio di baffoni neri. Poi dice che è sempre festa quando in paese arriva lui, l’indimenticabile Totò, per l’anagrafe Salvatore Cascio. Oggi ha 45 anni, soffre di una malattia agli occhi, vede poco, proprio lui innamorato della macchina che proiettava immagini su uno schermo. Nella storia del cinema italiano è famoso come Enzo Staiola, il bambino di Ladri di biciclette. E ora a Giancaldo? Che fare quando un paese della Sicilia sperduta e per questo mirabile, assurge a santuario della settima arte per essere stato il set di un film immortale? Come tramandare le parole che Alfredo (Philippe Noiret) rivolge a Totò: qualunque cosa farai, amala come amavi la cabina del Paradiso quando eri piciriddu? La frase è stampata su un murales e ce n’è un altro, poco distante, che ritrae Morricone e Tornatore. Il ragionamento degli amministratori civici è semplice sul piano teorico, complicato nella pratica: siamo diventati famosi per un film, stiamo cercando di sfruttare la scia offendo  servizi che invoglino registi e produttori a venire ancora a Giancaldo con le loro truppe. Li dobbiamo aiutare a domicilio formando, sarti, scenografi, parrucchieri, truccatori, magari attori, chissà. Qui il cinema ha rappresentato una benefica pandemia, ha contagiato molti, soprattutto i giovani. Nessuno lo poteva immaginare. Qualcosa è già accaduto: Servillo ha girato da queste parti scene dell’Abbaglio, il film con Ficarra e Picone,  nel piccolo museo del Paradiso è acquartierata da settimane la sala-trucco  di una produzione straniera. Insomma viaggiano soldi in alberghi e ristoranti anche perché queste terre tra il Palermitano e l’Agrigentino attirano turisti non-solo-mare, gente che si mette sulle tracce di Pirandello, di Sciascia, di Guttuso , adesso anche di Montalbano e del bambino di Nuovo Cinema Paradiso. Federica Vallone. che abiota a Giancaldo,  mi presenta l’assessore alla Cultura, Salvo Spada. Tocca a lui rendere permanente l’effetto-Tornatore. I giovani scappano dall’Italia, non solo da Giancaldo, ma se una comunità è stata baciata da un Premio Oscar ha la strada spianata. illecinquecento euro guadagnati a Milano valgono il doppio se resti a casa tua, in Sicilia. Per il Totò di Tornatore non è così: lui se ne va da Giancaldo, dove ha imparato il mestiere, e diventa grande regista a Roma. Questo accade nel film. Ma a volte  le favole si avverano.   

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Giuseppe Tornatore Philippe Noiret Palazzo Adriano

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