Il Gran Bastardo
- Gianni Spartà
- 20/03/2020
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Tra realtà e umorismo
Ultime notizie da Radio Covid-19. Cominciamo dalle buone che comunque vanno interpretate: si registrano meno arresti cardiaci, meno infarti, meno ictus e meno traumi da incidenti della strada. L’ultima annotazione si può capire: non c’è in giro un’anima, le strade delle periferie sono un deserto, nelle valli non ne parliamo. Le altre circostanze rappresentano un mistero. A voler pensare positivo, il calo forzato del logorio quotidiano per la serrata di bar, ristoranti, negozi, uffici privati e per il ricorso al lavoro domiciliare, paradossalmente più noto come smart working, stanno facendo da scudo allo stress. Volendo pensare negativo, chi è stato colpito da simili accidenti ha evitato l’ospedale rassegnandosi al proprio destino. Ma questa è letteratura horror. Poi veniamo al Gran Bastardo, il virus che ci ha immerso a tradimento in scenari di guerra, tempi in cui eravamo disperati e poveri. Costui non esiste. Non si vede, non si sente, non emana odore, non ha mobilità propria. L’acquista nell’incontro subdolo con una cellula umana. La invade, la piega ai suoi voleri, s’infila negli interstizi dei polmoni. Per sommo di viltà a volte non dà sintomi, attacca in modalità silenziosa impedendo alla vittima di correre ai ripari. Insomma è un nemico che ha bisogno di fare amicizia con l’uomo ignaro che si procura contatti, per dirla nel gergo digitale. Mi spiega questa dinamica un medico di cui mi fido. Lo stesso che, ricevendo informazioni da colleghi lombardi segnala, anch’egli stupito, il momentaneo congelamento di gravi patologie ordinarie. Le nuove abitudini di vita se non altro farebbero bene al cuore. C’è bisogno che la cronaca diventi storia per capire che cosa sta accadendo dentro e fuori di noi con la lente d’ingrandimento di scienziati, sociologi, storici, psicoterapeuti. Purtroppo non siamo ancora ai libri, ma ai taccuini e ai salotti televisivi. Perché l’accanimento di Mister Covid nelle regioni più benestanti e attrezzate del Paese? A occhio, il trasfertista di una multinazionale insediata al Nord, corre più rischi del contadino che lavora in un podere al Sud, benché simili immagini da Arcadia rurale siano ormai infrequenti. Non è vero, purtroppo, che se ne vanno solo gli anziani, eufemismo per non dire i vecchi. La notizia di un diciottenne intubato dalle nostre parti perché il Gran Bastardo l’aveva colpito duro, ha destato emozione tra medici e infermieri, pur avvezzi al dolore. Aspettiamo il picco della pandemia, abbiamo già quello dell’idiozia. In un panorama d’accettazione del coprifuoco, l’esodo sui treni della speranza all’incontrario, è una diserzione con la vista corta. La Sicilia ha chiuso lo Stretto di Messina: padroni a casa nostra, come dice Salvini che non a caso prende voti nel Mezzogiorno. E’ la pena del contrappasso: ieri l’altro 40 siciliani reduci da una settimana bianca sulle Dolomiti sono stati pubblicamente sputtanati come untori da un sindaco. Del gruppo facevano parte medici tornati al lavoro negli ospedali dribblando la quarantena. L’idiota stanziale, invece, si rifugia nelle tabaccherie per giocare alle macchinette mangiasoldi, si fa beccare con la brigata in un picnic domenicale, apre bar clandestinamente. Non si condanni il carattere nazionale incline alla furbizia. Appena Macron ha chiuso la Francia, a scoppio ritardato, si sono formate code alle stazioni ferroviarie di Parigi. Il caso Inghilterra con il bastian contrario dalla chioma bionda meriterà l’approfondimento degli studiosi a cose fatte. Un amico psicoterapeuta metà italiano metà svizzero, Claudio Lucchini, dice che il nostro pensatore politico di riferimento è Machiavelli, Johnson si crede Churchill e ha letto Hobbes e Kipling. Ci accorgiamo che anche culturalmente l’Europa è un mosaico difficile da tenere insieme. Intanto la gente alle 18 esce sui balconi, sventola il tricolore e canta. Sulla Rete circola una raccomandazione: evitiamo un cavallo di battaglia di Morandi, “Uno su mille ce la fa”. Suvvia, un po’ ridiamoci sopra, anche sotto e ai lati, diceva il mio caro collega Gaspare Morgione. Abbiamo bisogno di portatori sani di umorismo.