Leggi canaglie
- Gianni Spartà
- 26/04/2020
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Che cosa insegna iil Covid
Divagando nella clausura mi sono chiesto che cosa dovremmo rimuovere dopo aver visto come si muore soffocati a migliaia per gli attacchi subdoli del Gran Bastardo planetario. Tante cose nei comportamenti, nella scala dei valori, tante leggi stupide per chi le subisce e per chi ne trae vantaggio. Esempio: la legge che obbliga l’automobilista a dotarsi di otto pneumatici quando ne servono quattro per viaggiare, cinque contando quello di scorta ormai abolito dai costruttori. Il 15 novembre, caschi il mondo, dobbiamo montare le gomme da neve anche se non nevica più neanche a piangere. Il 15 aprile le dobbiamo smontare. Il giochetto in due tempi costa cento euro, quando va bene. E chi se ne frega dei mutamenti climatici. Poi la legge sulla revisione periodica dei veicoli, anche delle moto: 70 euro ogni due anni. Accade che dopo tre giorni dalla formalità, non sappiamo come altro definirla, il motore dello scooter s’impianti perché alla frutta. Ti precipiti dal meccanico: ho fatto la revisione due giorni fa, com’è possibile? Risposta: ma quelli controllano freni, gomme e luci. Il motore è fuori dai radar. Per favore chiamiamola estorsione non revisione. Le leggi sono cieche, sorde, vili, nemiche della sintassi e della sintesi: il penultimo decreto Covid della presidenza del Consiglio contemplava 123 mila parole per dire State a Casa. Dario Di Vico ha denunciato sul Corsera che per ottenere un credito di quindicimila euro in questo periodo disgraziato occorrono diciannove documenti. Eppure si tratta di agevolazioni concesse alle imprese colpite, in qualche caso affondate dal virus. Sì, è una tragica battaglia navale nella quale la burocrazia continuerà a infierire per mantenere se stessa. Ogni volta che in una norma leggete la parola “premesso” se volete incazzarvi pensate agli stipendi di decine di aguzzini incaricati di controllare il comma e il lemma. Chiedendo il rilascio di un bancomat, giorni fa, mi sarei dovuto sciroppare la lettura di tredici pagine scritte in corpo sei: ho alzato le mani e firmato al buio. In qualche riga c’è senz’altro la fregatura, ma tant’è. Un amico che in banca lavora mi dice: una volta davamo interessi al cliente, adesso solo angherie. I conti correnti sono cimiteri di spese occulte. Anche quelle di Fondazioni no profit: vergogna! A proposito di canaglierie ai danni del no profit: chi ha raccolto fondi per acquistare e donare agli ospedali con urgenza macchinari salvavita ha pagato il 22 per cento di Iva come fosse un uomo d’affari. Valore aggiunto: ma a che cosa? Al senso di partecipazione della gente, alla loro generosità, alla mobilitazione popolare per prendersi cura di chi ci cura? Queste sono tasse sulla beneficenza.Chissà se la pandemia farà riflettere sul cambiamento di un modello di sviluppo che si è sbriciolato davanti all’impotenza dell’uomo evoluto al cospetto del nemico troglodita. Il mostro non ha guardato in faccia nessuno: ricchi e poveri, primi ministri e stradini, credenti e agnostici, miti e arroganti. Vero: senza tasse uno Stato non può vivere. Ma se potessimo individuare quanti sono stati ricoverati, curati, guariti gratis in un ospedale pubblico senza pagare nulla pur essendo grandi pur essendo evasori totali, bruceremmo il giuramento di Ippocrate che impone di salvare anche il ladro spudorato. Non vediamo l’ora di tornare alla normalità. Ma tanto normali non siamo mai stati.