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Rondini in business class

  • Gianni Spartà
  • 14/06/2020
  • 0

Sull’aereo di Borghi

Questa volta le abbiamo viste, ma soprattutto le abbiamo ascoltate. Garrule, col petto bianco, spuntate da chissà dove nel cielo di Varese. Eravamo in clausura per questa maledetta pestilenza, bastava affacciarsi a una finestra, magari nel verde di Velate o nella mezza collina che digrada da Lissago verso il lago per, sentirci parte di un universo con le sue regole, i suoi appuntamenti fissi, le sue voci. E per capire che un Covid qualunque può rinchiudere in una prigione l’umanità, ma nulla può fare contro le forze della natura. A casa mia le rondini generazione 2020, come guidate da un satellite,  si sono rintanate nel nido che avevano costruito, presumo lo scorso anno, in un interstizio delle travi del tetto. Le ho viste arrivare alla velocità di un missile e piombare in picchiata dove sapevano di essere già state. Ho pensato alle loro antenate che in una tarda primavera degli anni ’60 furono protagoniste di una trasvolata speciale: a bordo di un aereo privato, un executive di proprietà di Giovanni Borghi, papà della Ignis. Solo Dio sa come il personaggio avesse intercettato la ferale notizia: quell’anno le rondini non arrivavano. Un’ondata di gelo ne aveva bloccato il trasloco stagionale nelle regioni del grande Nord. Avevano capito che non era cosa muoversi e se ne stavano lì in attesa di venti migliori. Sta di fatto che il cumenda convocò a Comerio il suo pilota personale,  Piero Torri, scomparso qualche anno fa, e lo inviò come un buon samaritano in tutte le capitali d’Europa, da Oslo a Rotterdam, da Helsinki a Parigi, per salvare le migliaia di creature minacciate di morte dai rigori di una stagione impazzita. Si disse che alcune associazioni ambientaliste, merce rara allora, avevano lanciato l’Sos. Borghi lo intercettò e dispose la fantastica raccolta conclusa nell’aeroporto di Napoli da un volo festoso e liberatorio dopo l’apertura di centinaia di gabbie. Lo venisse e conoscere Greta questo episodio, si sentirebbe in imbarazzo. Se oggi la responsabilità  ecologista pesa dieci sulla bilancia del comune sentire, negli anni dello sciagurato modernismo valeva zero. Ma un industriale, che qualche peccato lo aveva commesso producendo all’impazzata senza badare ai dettagli, aprì il cuore e il portafoglio per lo strepitoso salvataggio. Leggenda? No, storia documentata da foto in bianco e nero che illustrano lo scarico di scatole di cartone dal lussuoso abitacolo di un King Air, turboelica da nove posti, sigla I-Gnis. Vi viaggiavano ai tempi, oltre al principale e alla sua segretaria Caterina Ossola, dirigenti e tecnici: a conti fatti, gli aerei di linea costavano di più. Torri calcolò seimila ore di volo con Borghi e mi raccontò di aver scarrozzato nei cieli d’Europa ogni genere di vip: giocatori di calcio e di basket, pugili, cantanti, attori come Liz Taylor, Richard Burton, Silvana Mangano, De Laurentis, ministri come Restivo e Tremelloni, capitani d’industria come Moratti che si faceva portare in Sardegna e una volta a destinazione regalava una sterlina ai membri dell’equipaggio. Lui aveva un Falcon e Giovanni ne era un po’ geloso. Accadde anche di usare l’aereo come ambulanza: per Armando Picchi che s’era infortunato con la nazionale a Sofia nell’aprile del 1968 e che Borghi mandò a prelevare perché fosse trasportato e operato in Italia.

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