Ministro ricordi Furia
- Gianni Spartà
- 10/08/2023
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La lettera
“Ventotto gradi in superficie sono tanti, la temperatura del Mediterraneo è salita di due gradi. É un mare con la febbre e la colpa è anche dell’inquinamento prodotto dal carburante fossile delle navi, dal petrolio sversato e dai milioni di tonnellate di plastica che a poco a poco lo stanno soffocando. Quindi dico che non c’è da preoccuparsi, piuttosto c’è da occuparsene seriamente, perché lo sconvolgimento climatico già in atto da almeno 15 anni ormai è evidente. Io non sono un negazionista. Siccità e alluvioni sono le due facce della stessa medaglia: la tropicalizzazione del nostro clima”. Con tutti il rispetto per il ministro Nello Musumeci queste considerazioni fatte oggi lasciano il tempo che trovano. Qualsiasi alfabeta onesto le potrebbe articolare, anzi proclamare da un palco o in una intervista. E allora affinché il ministro non si irriti gli diciamo che un siciliano come lui queste cose le diceva, inascoltato, a volte deriso, la bellezza di quarant’anni fa. Costui era il catanese Salvatore Furia, migrato a Varese per intraprendenza giovanile e per amore negli anni ’40, e se glielo dovessi descriver con poche parole, caro Musumeci, lo definirei un tipo che voleva avere ragione e raramente aveva torto. Secondo lui, mai. Un visionario, per coloro ai quali era simpatico, un rompiscatole agli occhi di tutti gli altri. Che all’inizio erano la maggioranza. Poi cambiò il vento e oggi ricordare Salvatore Furia significa nominare come minimo un profeta. Uno che non aveva lauree ma una conoscenza delle scienze naturali talmente profonda da chiedersi come se la fosse procurata. Per fargliela breve, signor ministro, la informo che grazie a quest’uomo la città di Varese, famosa un tempo per le sue scarpe, ha un osservatorio astronomico popolare con le specole in cima al Campo dei Fiori, il nostro Etna, ha una fiorente pattuglia di suoi allievi volontari che lassù imparano a catturare le comete, a studiare le stelle, i terremoti, la botanica, tutto ciò che fa parte di quel Creato in via di dissolvimento se non cambieremo rotta. Ma torno al punto: negli anni ’80 Furia dichiarava ai giornali che in breve tempo saremmo diventati un Paese tropicale, che la linea delle palme si sarebbe alzata, che il surriscaldamento del pianeta ci avrebbe inguaiato e che nelle zone molto industrializzate del Nord ci saremmo dovuti preoccupare delle piogge acide. Che cosa sono? Ha presente i lungi periodi di siccità? Bene l’atmosfera secca per mesi si riempie di veleni e quando un giorno si riaprono i rubinetti del cielo succede che tutta quella porcheria finisce nei nostri polmoni. Oggi le chiamano polveri sottili. Furia per impressionare la pubblica opinione affermò in una intervista: “Piove aceto”. Il primo a impressionarsi fu un suo collega d’allora, non ricordo il nome, che telefonò al prefetto di Varese: “Che cosa accade in Lombardia? Mi mandi una relazione urgente”. Ha capito Musumeci quale grande italiano è stato Furia che ha dedicato la sua vita vestendo i panni del don Chisciotte, del Grillo parlante e dell’Orlando furioso (è il caso di dirlo)? Ora si dà il caso che il 12 agosto 2023 ricorra il tredicesimo anniversario della morte di questo personaggio, popolarissimo tra i lombardi ai quali tutti i santi giorni per trent’anni, dettato in forma poetica le previsioni del tempo dai microfoni del radiogiornale Rai, purtroppo sconosciuto nella sua Catania e più in generale in Sicilia. E allora ministro, visto che dalla Sicilia sto scrivendo (anch’io sono un migrante), continui a denunciare la tropicalizzazione e trovi il tempo di far conoscere nella sua patria questo scienziato lontano dai giochi dell’accademia, sicuramente un eroe borghese.