Figurine per un sindaco
- Gianni Spartà
- 27/11/2025
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Il caso Varese
Fin qui siamo all’album delle figurine per decidere chi sarà il prossimo sindaco e chi no. I ragazzi degli anni ’60 ricordano: si giocava al “ce l’ho, mi manca”. Rarissimo il portiere Pizzaballa, abbondavano i Rivera e i Mazzola e c’erano scambi furiosi prima d’entrare in classe. Penso alle figurine quando vedo sui media le foto formato tessera di predestinati e predestinabili: una sfilza. Anche questo è un gioco: il gioco dell’Io. Uno si guarda allo specchio e decide che l’immagine riflessa si sposa perfettamente con una fascia tricolore a tracolla. Osare è virtù da riempirci i social. Poi muore la Vanoni, maledizione, e in un soffio si prende like e cuoricini. A chi vuole scendere in campo per governare un comune auguri e umili istruzioni per l’uso. Destra e sinistra non significano più nulla. Sono anacronistiche categorie della convenienza. Netanyahu non è di destra, è un criminale di guerra; Hamas non è di sinistra, è un covo di terroristi torturatori; il satrapo Putin ha mangiato falce e martello ma non trasuda marxismo. Meloni e Schlein, con le debite proporzioni, sono figlie di questo tempo destrutturato e regredito: non puoi sovrapporle a Berlinguer e ad Almirante. Ci siamo capiti. Figuriamoci che senso possono avere simili approcci per scegliere un sindaco. Varese è stata laboratorio di novità, se non altro per la Lega di Bossi, oggi sfigurata da Salvini. Il primo borgomastro d’Italia Raimondo Fassa governò cinque anni leggendo lo spartito preparato per lui da Bobo Maroni e Daniele Marantelli: nacque una coalizione verde, rossa e anche un po’ bianca. Attilio Fontana è stato sindaco dieci anni miscelando leghismo moderato e non trascurabile presenza ciellina. Poi la doppietta Dem di Davide Galimberti. Ora siamo alle prime manovre che contemplano scelte difficili per gli umori nazionali, le esigenze territoriali, ma anche per le ristrette disponibilità personali al cimento da sindaco. Onori e oneri si bilanciano con prevalenza dei secondi. Chi vive del suo e non è prigioniero di sfrenata ambizione se sta alla larga. Chi del suo non ha abbastanza ci pensa: la paga è buona. Chi s’inebria del senso mistico della missione, addirittura della potenza della chiamata, aspetta che chiamino proprio lui. In ogni caso l’indispensabile requisito è la conoscenza della città e della sua storia recente, anche su memorie esterne, per evitare schizofrenie. Il caso disgraziatissimo della caserma Garibaldi è puramente casuale. Poi occorre che la gente riconosca al pretendente la capacità di essere sindaco. Una volta c’erano i leader naturali. Quando la Varese politica si trovò diserbata dalle manette di tangentopoli, bussò sicura alla porta del galantuomo Angelo Monti. Che fu sindaco per 13 giorni, poveretto, poi crollo giù tutto. La crisi era profonda ed estesa, colpito è affondato il pentapartito ammainava le bandiere e arrivava il Carroccio. Oggi la tessera in tasca non vale nulla, il peso dei partiti è zero, la forza di persuasione idem. Giorni fa alle regionali quattro italiani su dieci hanno disertato le urne. In una piccola patria (ci conosciamo tutti) non è impossibile capire chi ha la stoffa e chi no. Intanto l’amico analista Giuseppe Geneletti, patito di intelligenza artificiale, si proietta nel suo blog alla data del 4 settembre 2026, giorno in cui la femmina Giorgia Meloni diventerà “il“ presidente (a lei piace così) del governo più longevo d’Italia, salvo colpi di cannone. Nel gioco futurista osservazioni e scenari su come evitare stalli o scivolamenti all’indietro. Un solo auspicio: che destre e sinistre (anche ministri e giudici) smettano di prendersi a calci e morsi tutti i santi giorni. Il popolo s’è stancato dello scontro strumentale, vota sempre di meno e non è bello, chiede un armistizio della ragione per tornare a farsi coinvolgere. Non si vede come restituire dignità alla politica senza che dal ponte di comando non arrivi un segnale di distensione. La messa cantata degli opposti isterismi, del “chi non salta…” e del “…non ci hanno visto arrivare” non incanta più nessuno.